“Non basta ri-formare, occorre piuttosto “tras-formare”. Così recita il Manifesto fondativo di INSIEME presentato ufficialmente a Roma il 30 novembre 2019 (CLICCA QUI).

Un’affermazione che, in quel momento, poteva sembrare una forzatura. Senonché, via via, nel volgere dei pochi anni che ci separano da quel primo inizio della nostra iniziativa, è diventata una sorta di anticipazione profetica.
Riferita, anzitutto, al nostro sistema politico ed agli effetti a cascata che si riversano su un Paese, sempre più disincantato e povero di passione civile, disorientato e smarrito, lontano dalle urne elettorali. Cioè insofferente, disaffezionato, incapace di credere come nessun uomo sia un’ isola, bensì, affinché la sua vita sia ricca di senso, destinato a stare dentro un orizzonte comune, da costruire recando ciascuno il proprio concorso attivo.

La coesione sociale, i legami che le danno forma costituiscono un versante essenziale dell’identità personale di ognuno e noi lo stiamo dimenticando. L’astensionismo elettorale è grave ed inaccettabile soprattutto perché rappresenta a valle l’esito entropico di un processo di rarefazione o addirittura di progressiva necrosi della vita di relazione. Non si tratta, insomma , di ridare forma, senza cambiarne l’ intelaiatura, all’ordine di rapporti tra le forze politiche e parlamentari del nostro Paese, così come si pone oggi, secondo la postura bipolare sostenuta dal sistema elettorale maggioritario, ma piuttosto di ricrearne l’architettura, dandole, appunto, una forma tutt’affatto differente e nuova. In altri termini, una “trasformazione”, appunto, che spinga il Paese oltre le incrostazioni che inceppano un quadro di rapporti politici fondati su una cieca e pregiudiziale polarizzazione delle forze in campo.

La nostra proposta, al contrario, fin dalla sua ragione originaria, ha fatto e fa riferimento ad un’affermazione di “autonomia” dall’uno e dall’altro dei due poli, dalla destra e, nel contempo, dalla sinistra. Autonomia e trasformazione, dunque. Autonomia a valere non solo per i cattolici imprigionati, dall’ una e dall’ altra parte, ma per tutti coloro che avvertono la stretta di un sistema politico che è giunto al capolinea, per quanto sopravviva a sé stesso, grazie alla blindatura sostenuta concordemente da una parte e dall’altra.

Autonomia di schieramento, ma, a maggior ragione, di programmi e di contenuti. Detto altrimenti, l’Italia ha bisogno di una nuova partenza che prenda avvio al di fuori del campo trincerato in cui si muovono gli attori, grandi e piccoli, dell’ attuale sistema politico. Per quante ipotesi di schieramenti alternativi si facciano, soprattutto ricamando, poi disfacendo e di nuovo tessendo – in modo particolare nell’area del mitico “centro” – ipotetiche quanto improbabili convergenze, si tratta di un gioco che non entusiasma più nessuno e non ha la forza di richiamare gli italiani ad assumere, ciascuno, una responsabilità personale nei confronti del proprio Paese. Occorre – se mai qualcuno sia in grado di proporlo e di assumersene il rischio – di produrre un fatto nuovo e coraggioso. Un progetto che affascini gli italiani.

Un progetto cui sentano come qualcosa che a loro appartiene e non rappresenti, al contrario, il frutto di millimetrici aggiustamenti che siano in grado di soddisfare i soliti noti, dentro il palazzo.
Infine, il coraggio è già, pur sempre, premio a sé stesso.

Domenico Galbiati

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