Quando il PD capirà che il Movimento 5 Stelle è un partito populista e, dunque, geneticamente di destra, non sarà mai troppo tardi.
Non s’è mai visto che si possa costruire una prospettiva progressista con i mattoni della destra. Ed è perfettamente inutile – come fanno taluni esponenti del PD, a fronte della posizione di Conte sul gas russo – attendersi, a suo tempo, un giusto ravvedimento. Che tanto più non ci sarà, quanto più si è inclini a far finta di nulla e scontare al Movimento le grossolane corbellerie di cui ha fatto una strategia.
Grillo o non Grillo, il Movimento è quel che è sempre stato e conferma come ogni forza politica, salvo gli adattamenti tattici del momento, resti, per forza di cose, ancorata alla sua vocazione originaria. Le idee, le donne e gli uomini che tuttora affiancano Conte sono ciò che permane della selezione darwiniana di una classe dirigente, condotta sulla falsariga delle urla, degli strepiti, delle penose invettive del capo-comico di Genova.
L’avvento di Conte alla guida del Movimento si è, infine, rivelato l’esito di una poco commendevole rivolta di palazzo, che nulla ha tolto e nulla ha aggiunto, in quanto a postura complessiva del Movimento. Conte non ha recato nessuna novità, né capacità di suggerire una visione circa gli obiettivi di fondo da proporre al Paese. Peraltro, partito ferocemente leaderista e “monocratico”, condotto da Conte nel silenzio assordante di ogni altra voce.
In quanto alla larga e generosa “agenda sociale” dei 5Stelle, non sposta di un pollice quella collocazione a destra del Movimento di cui i suoi stessi esponenti sono forse non del tutto consapevoli, quando assumono posizioni pressoché identiche a ciò che vanno sostenendo Salvini e Vannacci.
In politica di vince o si perde. Ma non finisce lì e, soprattutto nel caso in cui si vinca, bisogna poi saper corrispondere alla fiducia degli elettori e, dunque, governare. In caso contrario, la vittoria torna indietro come un boomerang.
Pensa seriamente il PD, il giorno che pur gli toccasse, di poter governare l’Italia secondo un disegno coerente, sobbarcandosi la quotidiana fatica di ammansire le smanie del Movimento 5 Stelle? E’ comprensibile che la messe di voti di CUI ancora dispone il Movimento faccia gola, ma, in politica, la vittoria non può nai essere un fatto meramente aritmetica. A meno che si accetti che nelle pieghe del presunto successo già si nascondano le ragione del suo fallimento.
Non è forse il caso, ove il PD pensasse seriamente – ma è tutto da vedere – di concorrere a liberare l’Italia dal cappio della destra, che cominci a guardarsi attorno per inventarsi una nuova strategia? A meno che si accontenti della greppia dell’opposizione che è pur sempre meglio di niente, al punto di giustificare che si concorra – di fatto, in sintonia con la destra – a blindare il sistema, secondo la logica asfissiante del bipolarismo maggioritario.
Al PD non resta molto tempo per darsi una vera strategia che non sia la stanca ripetizione delle giaculatorie del “campo largo” da cui, tra due anni, ben difficilmente gli italiani si lasceranno incantare.
Domenico Galbiati