Proseguiamo con la pubblicazione della terza parte d’intervento di Delfino Tinelli sulla Enciclica Fratelli di Tutti di Papa Francesco, dopo la parte prima ( CLICCA QUI )  e la parte seconda ( CLICCA QUI )

 

Capitolo quinto: LA MIGLIORE POLITICA

Dopo aver analizzato nei capitoli precedenti i caratteri e le condizioni della fraternità dei popoli e delle nazioni, il Papa col capitolo quinto affronta il problema della politica necessaria.

Populismi e liberalismi

In primo luogo esamina le politiche populistiche e quelle liberalistiche che non comprendono i problemi dei poveri, dei più deboli e delle diverse culture.

Popolare o populista

 L’uso della parola populismo tende a dividere la socialità in due polarità, ma di fatto ignora la nozione di “popolo” che invece è fondamentale per affermare che la società è più della mera somma egli individui che la compongono. Il sostantivo “popolo” e l’aggettivo “popolare” includono i fenomeni sociali, le aspirazioni comunitarie, gli obiettivi comuni, i progetti a lungo termine che vanno oltre le divisioni e i singolarismi.

Il popolo non è solo una categoria logica, è un’identità comune fatta di legami sociali e culturali.

Ci sono leader veramente popolari che sanno interpretare il sentire di un popolo, sanno guidare la trasformazione e la crescita alla ricerca del bene comune. Il populismo, invece è l’abilità di qualcuno di gestire il consenso per la propria permanenza al potere, è anche il fomentare le inclinazioni più basse ed egoistiche di alcuni settori ed è anche l’assoggettamento al proprio interesse delle istituzioni e della legalità.

Un vero “popolo” sa evolversi, senza negare se stesso, aprendosi agli altri e ai diversi. Populismo è anche la ricerca di rispondere alle esigenze popolari solo per garantirsi il consenso, senza garantire alle persone le risorse per sostenere la loro vita e la loro creatività personale.

Importanza del lavoro. Ciò che promuove il bene del popolo è assicurare a tutti la possibilità di far germogliare tutte le capacità personali, garantendo a tutti una vita dignitosa mediante il lavoro.

Il lavoro non è solo il mezzo per guadagnarsi il pane, è il mezzo della crescita personale, per sentirsi corresponsabili del miglioramento del mondo, per vivere come popolo.

Valore e limiti delle visioni liberali

 Le visioni liberali sono individualistiche, la società è solo la somma di interessi che coesistono. Per loro la categoria di popolo è un concetto mitico di una realtà che non conoscono, perché escludono l’organizzazione sociale, la scienza e le istituzioni della società civile.

Le varie risorse e le istituzioni della società organizzata sono necessarie (anche il buon samaritano ha avuto bisogno della locanda, perché da solo non poteva far tutto per il bene del ferito) per trasformare la storia a beneficio di tutti, mentre ci sono ideologie di sinistra o dottrine sociali individualistiche che arrivano solo a pochi. Quindi dobbiamo far crescere lo spirito della fraternità universale e nello stesso tempo un’organizzazione mondiale più efficiente al fine di risolvere i problemi degli abbandonati che soffrono e muoiono nei paesi poveri. Per far questo non c’è una sola metodologia buona, ma si possono percorrere vie differenti.

I media e i costruttori di opinione pubblica fomentano solo una cultura individualistica, a profitto di coloro cha hanno già troppo potere. La tendenza umana è costante nell’egoismo, e ciò da sempre, ma è possibile dominarla con l’aiuto di Dio.

Le visioni liberali ignorano questa fragilità e immaginano un mondo capace di risolvere tutti i problemi.

Per esempio: pensano che il mercato da solo possa risolvere tutto.

Da una parte occorre una politica economica orientata a aumentare i posti di lavoro e non a ridurli, dall’altra il mercato deve sviluppare forme interne di solidarietà e fiducia reciproca. La pandemia dimostra che non tutto si risolve con la libertà di mercato, la politica sana non deve essere sottomessa al dettato della finanza, ma deve mettere la dignità umana al centro e costruire le strutture sociali alternative di cui abbiamo bisogno.

Dobbiamo valutare i movimenti popolari che partono dal basso e danno vita a forme di economia popolare e comunitaria, che sono seminatori di cambiamento.  Con essi sarà possibile uno sviluppo umano integrale, una politica non solo concepita verso i poveri ma con i poveri e dei poveri.

Dobbiamo riconoscere che senza di loro la democrazia si atrofizza, perde rappresentatività perché lascia fuori il popolo nella sua lotta per la dignità e per il proprio destino.

Il potere internazionale

La crisi internazionale del 2007/2008 era l’occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici, ma i criteri obsoleti continuano a governare il mondo e le strategie successive sembrano orientate a maggiore individualismo, minore integrazione, maggiore libertà per i potenti.

Oggi il cattivo esercizio del potere ci presenta nel mondo molti falsi diritti e ampi settori senza protezione.

Nel secolo XXI si sviluppano istituzioni internazionali più forti, tuttavia dobbiamo pensare a organizzazioni mondiali efficaci, capaci di operare per sradicare la fame, la miseria e per la difesa dei diritti umani fondamentali.

E’ necessaria una riforma dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per concretare il concetto di Famiglia delle Nazioni; dobbiamo impedire la riduzione delle libertà delle Nazioni più deboli e sviluppare invece la promozione della giustizia e l’ideale della fraternità universale.

Tante aggregazioni compensano i limiti della Comunità internazionale e quelli degli Stati rispetto ai diritti umani fondamentali, concretando così il principio di sussidiarietà e mostrando di quanta bellezza è ancora capace la nostra umanità.

Una carità sociale e politica

La politica è spesso misconosciuta, ma non può funzionare il mondo senza politica, ci vuole la “buona politica” per trovare la via efficace verso la fraternità universale e la pace sociale.

La politica di cui c’è bisogno

La buona politica respinge il cattivo uso del potere, la corruzione, la mancanza di rispetto delle leggi e l’inefficienza, deve portare avanti un approccio integrale, il dialogo interdisciplinare con l’economia, riformare le istituzioni, superare le pressioni e le inerzie viziose.

La grandezza politica si mostra quando opera sulla base di grandi principi e pensa al bene comune a lungo termine. E’ difficile operare per un progetto comune per l’umanità presente e futura, ma ciò esige la giustizia autentica.

Le gravi carenze strutturali della società mondiale non si risolvono con soluzioni occasionali; la buona politica, coinvolgendo diversi settori e un’economia integrata, può aprire la strada verso un mondo nuovo e aprire la strada a nuove opportunità.

L’amore politico

La politica è una delle forme più alte della carità, ma deve riconoscere ogni essere umano come fratello o sorella e ricercare l’amicizia sociale.

Quando più persone operano insieme per promuovere processi sociali di fraternità e giustizia per tutti, si entra nel campo della più vasta carità, cioè della carità politica, la cui anima è la carità sociale.

Tutti gli impegni della dottrina sociale della Chiesa sono attinti alla carità. L’amore è anche civile e politico e si manifesta cercando di costruire un mondo migliore, quindi l’amore non manifesta solo relazioni intime e vicine, ma anche macro-relazioni che migliorano i rapporti sociali, economici e politici.

La carità sociale ci fa amare il bene comune, il bene di tutte le persone, considerate sia individualmente che come popolo. Popolo e persona sono termini correlativi, mentre oggi si tende a ridurre le persone a individui, facilmente dominabili dagli interessi illeciti.

La buona politica cerca di costruire diverse comunità nei diversi livelli della vita sociale.

Amore efficace

A partire dall’amore sociale è possibile affrontare i problemi del mondo d’oggi per rinnovare strutture, organizzazioni sociali, ordinamenti giuridici.

La carità, per il suo rapporto con la verità favorisce il suo universalismo e non viene relegata nell’ambito delle relazioni private. Questa luce della verità è, a un tempo, quella della ragione e della fede. Con ciò si richiama il bisogno delle scienze per trovare percorsi concreti e raggiungere i risultati sperati.

L’attività dell’amore politico

C’è un amore elicito che proviene dalla carità personale e c’è un amore imperato che proviene dalla carità realizzata dalle istituzioni per organizzare e strutturare la società in modo che il prossimo non si trovi nella miseria. P. es. è carità personale dar da mangiare a un affamato, è carità del politico creare per lui un posto di lavoro.

I sacrifici dell’amore

L’autentico spirito della politica è la carità che la porta a riconoscere l’immensa dignità dei poveri, a rispettarli nella loro cultura, a integrarli nella società. Ci sono vie diverse e diversi canali per realizzare la buona politica, affinché ogni essere umano possa diventare artefice del proprio destino.

I politici sono chiamati a prendersi cura della fragilità sia delle persone che dei popoli, in questo c’è forza e tenerezza, a differenza del modello “funzionalista” che guarda solo al risultato e produce la “cultura dello scarto”. Il politico deve trovare la soluzione al problema dell’esclusione sociale ed economica di cui sono conseguenze: la tratta degli esseri umani, il commercio degli organi umani, lo sfruttamento sessuale dei minori, il lavoro schiavizzato, la prostituzione, il traffico di droghe e di armi, il terrorismo, il crimine internazionale organizzato.

L’obiettivo principale della politica deve essere l’eliminazione della fame. Noi facciamo tante questioni ideologiche e lasciamo che tanti fratelli e sorelle muoiano di fame, che siano senza un tetto e senza cure per la salute.

Amore che integra e raduna

La buona politica si esprime nell’apertura a tutti, nell’incontro, nel dialogo, nell’interscambio delle offerte in favore del bene comune.

Il fondamentalismo genera intolleranza tra persone, gruppi e popoli; dobbiamo accogliere le differenze e la dignità di ogni essere umano, qualunque sia la sua idea, la sua prassi e persino i suoi peccati.

Insieme al Grande Imam Ahmad Al-Tayyed abbiamo chiesto ai politici del mondo di impegnarsi per diffondere la tolleranza, la convivenza e la pace.

Più fecondità che risultati

Bisogna considerare ogni essere umano come persona, operare per soddisfare i suoi bisogni, amarlo come fratello.

In politica bisogna amare con tenerezza: è l’amore che si fa vicino e concreto, che ci prende l’anima e il cuore, che ci fa trattare tutti come fratelli. Chi ama e intende la politica non come mera ricerca di potere, sa che le opere svolte per amore non vanno mai perdute, che i grandi obiettivi si ottengono solo parzialmente, ma la sua opera resta come forza di vita.

Dobbiamo aprire processi i cui frutti saranno raccolti da altri. La buona politica sa seminare il bene con speranza e fiducia.

La politica, quindi, va oltre il marketing e il maquillage mediatico, deve pensare allo scopo, al futuro. Il politico deve pensare all’impronta che lascia nella società, alle forze positive che ha liberato, al bene che ha prodotto nella sua funzione.

Capitolo sesto: DIALOGO E AMICIZIA SOCIALE

Il dialogo perseverante e coraggioso aiuta discretamente il mondo a vivere meglio.

 Il dialogo sociale verso una nuova cultura

In un paese devono dialogare le diverse ricchezze culturali: la cultura popolare, la cultura universitaria, la cultura giovanile, la cultura artistica, la cultura tecnologica, la cultura economica, quella della famiglia e quella dei media.

Il dialogo non è lo scambio febbrile di monologhi paralleli, spesso opportunistici e contraddittori.

In questi prevale l’abitudine di screditare l’avversario; il dibattito spesso è manipolato da chi ha maggior potere, sia politico che economico, mediatico, religioso e d’ogni genere.

Mancando il vero dialogo ogni settore non si preoccupa del bene comune, ma cerca vantaggi o prepotere. Gli eroi del futuro saranno coloro che sosterranno nel dialogo la verità per il bene comune.

Costruire insieme

L’autentico dialogo sociale presuppone la capacità di rispettare il punto di vista dell’altro perché il dibattito sia più completo. Comprendere ciò che l’altro dice e fa, pur senza venir meno ai propri valori e convinzioni, consente al dialogo l’apertura agli altri, di cercare i punti di contatto, di lavorare e di impegnarsi insieme.

La discussione pubblica deve dare spazio a tutti, non manipolare l’informazione, stimolare la conoscenza della verità, impedire che i settori si chiudano nei loro interessi limitati. Occorre la comunicazione tra le discipline per la conoscenza della realtà in maniera più integra e piena.

Nel mondo globalizzato i media possono favorire l’unità della famiglia umana, la solidarietà fra tutti.

E’ necessario verificare che il mondo digitale non tiri fuori il peggio della gente.

Il fondamento dei consensi

Contro il relativismo: i valori morali non si possono interpretare secondo le convenienze del momento, la verità oggettiva e i principi universalmente validi devono stare al fondamento delle leggi. Affinché una società abbia futuro deve maturare il rispetto verso la dignità umana coltivare la ricerca delle verità fondamentali.

L’intelligenza umana deve cercare e cogliere le verità che non mutano, che sono universali perché derivano dalla natura umana.

I potenti che ottengono il consenso possono negare i diritti fondamentali. Al relativismo individualistico e indifferente si somma il rischio che i potenti di turno impongano una presunta verità, invece di fronte alle norme morali che proibiscono il male non ci sono privilegi per nessuno: davanti alle esigenze morali siamo tutti uguali, potenti o ultimi della terra. Oggi si assimila l’etica e la politica alla fisica, non esiste il bene o il male in sé ma solo il vantaggio o lo svantaggio, il diritto diventa lo specchio delle idee dominanti.

Il consenso e la verità

Il dialogo è la via per arrivare a riconoscere ciò che deve essere affermato, illuminato da ragioni, da apporti di diversi punti di vista nella convinzione che si può giungere ad alcune verità fondamentali da sostenere per sempre. I valori permanenti danno stabilità all’etica sociale. Il dialogo e il consenso riconoscono i valori di base fondamentali che trascendono i nostri contesti e valgono per il loro significato intrinseco.

Nella realtà stessa dell’essere umano e della società vi è una serie di strutture che sostengono il loro stesso sviluppo, esse si possono scoprire grazie al dialogo, vi sono strutture di base che sostengono il loro sviluppo e la sopravvivenza.

Convenienza sociale, consenso e realtà di una verità obiettiva possono unirsi armoniosamente attraverso il dialogo.

Una verità che corrisponde alla natura umana al di là di ogni cambiamento culturale è che ogni essere umano possiede una dignità inalienabile, in ogni tempo in ogni luogo. Quindi l’intelligenza e il dialogo possono riconoscere la base di certe esigenze morali universali.

Per gli agnostici questo principio può bastare per dare validità universale ai principi basilari, per i credenti il fondamento di tali principi sta nel fatto che la natura umana coi suoi principi fondamentali è stata creata da Dio. I principi etici fondamentali non sono fissi, ma possono dar luogo a diverse normative pratiche, quindi rimane sempre spazio per il dialogo.

Una nuova cultura

Bisogna far crescere la cultura dell’incontro in cui le differenze convivono integrandosi e arricchendosi a vicenda. Ciò implica includere ogni periferia col proprio punto di vista: nessuno è inutile o superfluo.

L’incontro fatto cultura

La cultura di un popolo indica i desideri, il modo di vivere che caratterizza quel gruppo umano, quindi cultura dell’incontro significa cercare punti di contatto, gettare ponti, progettare ideali o azioni comuni.

La cultura dell’incontro tende a integrare realtà diverse, che è difficile ma garantisce una pace reale e solida, non un consenso fittizio, a tavolino. Occorre avviare Processi d’incontro per accogliere le differenze.

Il gusto di riconoscere l’altro

Bisogna riconoscere all’altro il diritto di essere sé stesso, dando vita a un patto sociale.

Ignorare i diritti degli altri prima o poi provoca rivolta e violenza; pertanto non basta cercare l’incontro tra le varie forme di potere economico, politico, accademico, ma l’incontro tra le varie forme culturali che rappresentano una popolazione. Un vero patto sociale deve essere anche un patto culturale che rispetti le diverse visioni del mondo, culture che coesistono nella società. Poniamo il problema dei popoli originari. L’intolleranza nei confronti delle culture popolari indigene è una vera forma di violenza. Il cambiamento deve partire dal riconoscimento delle diverse culture, principalmente dei poveri, deve rispettare le diversità offrendo loro vie di promozione e di integrazione sociale.

Nessuno può possedere tutta la verità: il realismo dialogante consente di essere fedeli ai propri princìpi riconoscendo all’altro il diritto di essere fedele ai suoi.

Recuperare la gentilezza

San Paolo menzionava un frutto dello Spirito Santo che esprime uno stato d’animo benigno e soave che sostiene e conforta. Chi lo possiede aiuta gli altri nelle loro sofferenze, li tratta con attenzione e con gentilezza, sa dare incoraggiamento conforto e consolazione, mai umiliazione o disprezzo.

La gentilezza libera dalla distrazione che non ci fa pensare agli altri, e che ignora che anche gli altri hanno diritto a essere felici. Lo sforzo di prestare attenzione agli altri può creare quella sana convivenza che previene i conflitti.

La gentilezza non è un particolare secondario, ma se si fa cultura trasforma i rapporti sociali, il confronto delle idee e facilita la ricerca di consensi.

Delfino Tinelli

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