Bombardati, in questo difficile scorcio d’inizio del III millennio, da una duplice “infodemia”: in tema di COVID 19 per oltre due anni e da due mesi succubi ad un’“operazione speciale militare” – così definita d’autorità dal regime autocratico russo – devastante sotto ogni aspetto; siamo passati dai complicati approfondimenti radiotelevisivi, incentrati su opinioni/previsioni più o meno qualificate, generosamente elargiteci da virologi, infettivologi, immunologi o medici generici, improvvisatisi “esperti” grazie alla loro collocazione nel CTS (Comitato tecnico scientifico) presso il dipartimento della Protezione Civile, ad una nuova schiera di opinion leader, dicasi alti ufficiali, diplomatici (taluni ex, ora in posizione di vertice alla FINCANTIERI), professori universitari di varie facoltà e tendenze politiche, politologi ed esperti di geopolitica, non che una variegata serie di giornalisti e scrittori che, finalmente, possono cogliere l’occasione propizia per farsi conoscere e propagandare i loro ultimi gioielli (libri), in qualche modo pertinenti o no su tutto ciò che ruota attorno a quella che è, purtroppo, una guerra all’interno dei confini geografici dell’Europa.
E pur condividendo l’analisi in linea di massima, fatta da Marcello Veneziani nel suo ultimo libro “La cappa”, nel senso che gli spazi della nostra libertà mentale e fisica sono oggettivamente cambiati “in pejus”, cioè limatati da direttive, decreti e soprattutto timori che scaturiscono da una situazione di pericolo incombente, non è del tutto convincente la tesi per cui esisterebbe un’astratta volontà sistemica di controllarci e quindi sottometterci, vittime più o meno inconsapevoli e “automi” atrofizzati da un sistema politico, prevaricatore che tende sempre più a condizionare, a tutti i costi, ogni scelta e azione della nostra vita quotidiana.
Va dato atto allo scrittore biscegliese che la sua narrazione è molto suggestiva e stimolante, tant’è che mi risulta al top delle vendite in campo nazionale, ma non del tutto condivisibile per alcune ragioni che possono scaturire da attente riflessioni che vengo ad esporre in sintesi:
a) pur ammettendo che attraverso l’imposizione del “certificato verde” l’Agenzia delle entrate o altri organi dello Stato possano monitorare i nostri movimenti, sia bancari sia di carattere commerciale, il problema è politico piuttosto che oggetto di una semplice o qualunquistica protesta “social” e come tale doveva esser affrontato, studiato (sic!) e risolto in modo migliore dai partiti, in primis quelli dell’opposizione, ora ex-“sovranisti”, con proposte mirate e senza troppi distinguo critici e polemici ad arte;
b) non bisogna, né possiamo noi, comuni cittadini, sottovalutare il grado di responsabilità sociale che dovrebbero assumersi i politologi e gli intellettuali della nazione (come fecero, su opposte sponde, Pasolini e Fallaci), prevenendo o intervenendo con l’autorevolezza della propria cultura, saggezza e capacità comunicativa sui più rilevanti processi di politica estera e di geopolitica; come l’accreditamento e lo “spopolamento” del leader russo, sia in campo nazionale che europeo, nel corso dell’ultimo ventennio, pur in costanza di atti – dal medesimo commessi -certamente non encomiabili, bensì riprovevoli e già dal 2008 sanzionabili come la guerra in Cecenia o l’invasine della Crimea;
c) sempre alla categoria di giornalisti, opinionisti vari e politologi manca un’analisi più attenta dei provvedimenti governativi, ad eccezione di Massimo Cacciari che, da qualificato professore qual è, ha contestato la decisione del Governo Draghi di sostenere la guerra in Ucraina perché adottata con “atti amministrativi” e non dal Parlamento. Cosa su cui sono già intervenuto (CLICCA QUI e QUI ). E’ incomprensibile come tanti “cervelloni” non approfondiscano gli aspetti più salienti della questione, muovendo il proprio ragionamento dalla fonte che è sempre la Costituzione della Repubblica; oppure che non si siano accorti negli anni passati che l’embargo nei confronti della Russia si è limitato all’agroalimentare senza sfiorare la vendita degli armamenti prodotti in Italia!
d) se non sappiamo bene cosa è stato oggetto del dialogo telefonico, durato circa un’ora, tra il presidente del Consiglio italiano e l’”imperatore” Putin, ritengo che una stampa diligente e realmente professionale dovrebbe preoccuparsi di acquisire ogni elemento cognitivo al fine di fare chiarezza in merito ai problemi presenti sul tavolo e cautelarci rispetto a quelli futuri o futuribili.
Infine, non ci si può esimere dal dovere morale di promuovere, sollecitare ed anche pretendere sempre maggior attenzione, riflessione e confronto dialettico sul valore, assoluto e inestimabile, della Pace (va scritta con la P!), quale conquista dei popoli e tra i popoli di questo (sventurato, ma stupendo) mondo. A cominciare, in concreto, dal proporre lo status di neutralità per la martoriata nazione ucraina, prima ancora della sua indipendenza e sovranità, ovvero adesione all’Unione Europea, tutte cose sacrosante e legittime. Noi, fedeli cattolici dobbiamo perorare con maggior forza e convinzione, culturalmente e moralmente, la “battaglia della pace”, trascurata alquanto negli anni scorsi fino all’aggressione russa, perseguendola davvero come soluzione condivisa e civile che, in contrasto con i produttori e venditori di armi, ci allontani dallo spettro della III guerra mondiale.
E comunque, è auspicabile che le sanzioni europee a danno della Russia, con particolare riguardo a quelle dell’approvvigionamento energetico, siano assolutamente severe e incisive, così come i provvedimenti di sequestro giudiziario dei beni miliardari russi, affinché si possa giungere, quanto prima, almeno ad una tregua.
Michele Marino