Devo precisare che dissento da molti dei commenti avanzati in merito alla querelle aperta dalle osservazioni dissacratorie e superficiali di Giorgia Meloni in ordine ai contenuti del Manifesto di Ventotene, cioè a uno dei principali documenti fondativi della costruzione europea. Da una cosa cattiva e sbagliata può talvolta uscire anche qualcosa di buono. Riscoprire l’ importanza di Ventotene, ad esempio!
L’intervento della presidente del Consiglio- che non può non essere distante da un manifesto che annuncia il superamento degli Stati nazionali- ha comunque esplicitato un distanziamento sotto traccia da quel documento, un distanziamento prudente e magari inespresso, ma probabilmente condiviso anche da autorità e figure di vertice UE. E non mi riferisco solo alla estraneità di chi si richiama apertamente ad una Europa come Confederazione di Stati sovrani, da Orbàn al partito ECR e probabilmente anche ad altre incluse nella maggioranza Ursula. Forse un distanziamento sotto traccia vi è persino in alcuni che si riferiscono a Ventotene, come a un “sogno” ad una “utopia”, a qualcosa certo di bello e affascinante, ma non di impegnativo, e non considerano i principi di quel manifesto come qualcosa di realizzabile.
Non si tratta quindi solo del “controcanto allo spirito di Ventotene”(CLICCA QUI) proveniente dai “nazionalismi disgregatori e dal pacifismo velleitario”. Del resto bisognerebbe anche preventivamente chiedersi: cosa alimenta i nazionalismi disgregatori, inesistenti in Europa per tanti decenni, e cosa rende velleitaria la lotta per la pace ? Per tutto questo è lecito e utile interrogarsi sul senso di Ventotene entro la situazione attuale. Da una provocazione smaccata può nascere perciò qualcosa di buono.
L’impasse dell’ Europa e l’ “europeismo” che non c’è
Partiamo dal contesto. L’ UE è entrata in una crisi epocale e decisiva. Non tanto per la distanza delle istituzioni dai cittadini ma per la crescente incapacità di decidere una linea d’azione comune, per le crescenti divisioni dei governi europei, per la “geometria variabile” delle frenetiche riunioni promosse dai “volonterosi”, per il crescente impasse istituzionale, con un Alto Rappresentante per la politica estera che si contraddice e muta proposte ed un Commissario che prende decisioni e fornisce valutazioni decisive per la politica estera ( carattere ostile di uno Stato) che non competono ad un potere esecutivo ma ad un potere rappresentativo.
Tutto questo non rafforza certo la solidarietà interna all’ UE e il senso di integrazione. Proprio per questo vero europeismo oggi sarebbe non tanto sventolare bandiere europee, o fare un pellegrinaggio a Ventotene, ma ripensare i documenti e i principi fondativi dell’ UE per ragionare su come salvare o, forse dovremmo dire, come far risorgere l’ Europa, oggi umiliata, offesa, divisa, frammentata e impotente, oltre che ancora, come sempre, lontana dai suoi cittadini.
Non basta certo “fare qualcosa di europeo”, o manifestare in mille piazze italiane. Ancor meno può bastare- come forse alcuni pensano- chiamare all’unità europea compattandoci attorno all’idea di un nemico comune da neutralizzare, o di un Impero del Male da combattere. Tutta la storia disastrosa delle leghe militari ci dice che questi esperimenti finiscono nel disastro. Le leghe che funzionano sono quelle che nascono per qualcosa, non quelle che nascono contro qualcosa o contro qualcuno. Per gli uomini di Ventotene l’unità europea non poteva essere il risultato automatico della necessaria unità contro Hitler ( “La sconfitta di Hitler non basta a riordinare l’ Europa”, Manifesto per una Europa libera e unita, Senato della Repubblica, p. 57), ma doveva essere l’espressione di un concreto progetto ideale.
In questo modo potremmo così iniziare a rispondere alla domanda lasciata inevasa di Michele Serra. Cosa è oggi europeismo? Cosa è, cosa deve essere oggi l’ Europa? Quale la sua possibile missione? Ecco perché non ci dovremmo limitare a venerare o sacralizzare il Manifesto come una icona o considerarlo solo “un bel sogno”.
Ventotene non è un sogno, né una icona
Dovremmo discuterlo, approfondirlo e intenderne il senso in relazione all’oggi. Discutere sul Manifesto di Ventotene oggi ? Anche di fronte al rischio che qualcuno lo definisca elitario, verticistico, “paleo socialista”, illiberale e via dicendo? Sì dovremmo farlo, anche di fronte a questo rischio, per evitare rischi peggiori. Perché limitarsi a tenere il documento in una teca per esporlo alla venerazione degli europeisti e stamparlo ( magari senza leggerlo) in occasione di eventi politici e mediatici ?
Il documento di Ventotene non è infatti un sogno, ma una proposta. Una proposta che dice in positivo cosa può essere e cosa deve essere l’ Europa ed indica dei contenuti. In estrema sintesi si trattava del superamento della sovranità assoluta degli Stati nazionali, da cui era originato in ultimo il totalitarismo nazista. Da questo progetto di limitazione e disciplinamento dei poteri statuali, dunque, non dalla necessità di competere con altre potenze o da una globalizzazione ante litteram, nasceva l’idea di una federazione europea. Si delineava così nei suoi termini specifici il compito e la missione dell’ Europa nel mondo.
La missione dell’ Europa, illuministica e cristiana
Non si trattava, per gli uomini di Ventotene, di rafforzare dei poteri o di garantire capacità di competere, ma di limitare e disciplinare dei poteri politici, come aveva fatto il federalismo americano, che era stato introdotto dopo la rivoluzione, non per rafforzare il potere ma per riorganizzare, suddividere e limitare il potere politico, anche se certo avrebbe consentito un miglior funzionamento ed un rafforzamento quindi dello Stato.
Tanto più importanti queste affermazioni in quanto fatte da persone che provenivano dal socialismo e persino dal comunismo e di quello avevano, precedentemente, condiviso idee, pregiudizi e semplificazioni, come i brani citati dal presidente del Consiglio testimoniano. Quell’ideologismo “originario” veniva superato in quella grandiosa , diciamolo pure senza timore, idea di Europa federale che era il frutto della loro intuizione . Era il prodotto dello Spirito della storia che soffia dove vuole e quando vuole, nei modi più imprevedibili. Era lo stesso Spirito che infatti animava negli stessi anni chi partiva da premesse lontanissime e persino opposte rispetto a quelle di Spinelli, Rossi e Colorni.
Se nel Manifesto di Ventotene si scriveva che: “La sovranità assoluta degli Stati nazionali ha portato alla volontà di dominio di ciascuno di essi, poiché ciascuno si sente minacciato dalla potenza degli altri e considera suo spazio vitale territori sempre più vasti che gli permettano di muoversi liberamente e di assicurarsi i mezzi di esistenza, senza dipendere da alcuno. Questa volontà di dominio non potrebbe acquetarsi che nella egemonia dello stato più forte su tutti gli altri asserviti.. (Per una Europa libera e unita, Manifesto di Ventotene, Senato della Repubblica, p. 15). Ed ancora: “Il problema che in primo luogo va risolto e, fallendo il quale, qualsiasi altro progresso non è che apparenza è la definitiva abolizione della divisione dell’ Europa in stati sovrani”( Per una Europa libera e unita, p. 51, cit.). “Bisogna …riconoscere che la Federazione Europea è l’unica concepibile garanzia che i rapporti con i popoli asiatici e americani si possano svolgere su una base di pacifica cooperazione, in attesa di un più lontano avvenire, in cui diventi possibile l’unità politica dell’intero globo”. ( Per una Europa libera e unita, p. 57)
Ma quasi in contemporanea, a oltre un migliaio di chilometri da Ventotene, a Monaco di Baviera si poteva leggere nel quinto volantino de “La Rosa bianca” elaborato dal gruppo di universitari cattolici della Resistenza tedesca e diffuso nel 1943, il seguente passaggio: “Cosa possiamo imparare dalla fine di questa guerra che mai è stata una guerra nazionale? L’idea imperialista della forza – da qualsiasi lato provenga – deve essere eliminata per sempre. Il militarismo prussiano non dovrà più conquistare il potere. Soltanto la cooperazione su larga scala dei paesi europei potrà creare le basi sulle quali poggerà la ricostruzione. L’ egemonia centralizzata – come quella che lo stato prussiano ha cercato di esercitare in Germania ed in Europa – dovrà essere eliminata al suo primo apparire. La Germania del futuro dovrà essere uno stato federale. A questo punto soltanto un sistema federale potrà instillare nuova vita nell’indebolita Europa”.
E’ evidente che ciò che ci si proponeva era anche qui una limitazione dei poteri statuali che forgiasse un ordine di relazioni internazionali di tipo cooperativo e collaborativo il più possibile lontano da conflittualità e guerre, lontana dall’idea imperialista della forza necessaria ad assicurare la pace.
Non per caso nei principi e nei contenuti del Manifesto di Ventotene si riconobbero subito politici come De Gasperi ed Adenauer provenienti dall’area cattolica. E non è un caso che sulla convergenza tra tradizione culturale liberale e illuministica, fatta propria dai socialisti, e quella universalistica cristiana e cattolica , sulla convergenza tra l’individualismo e il personalismo si sarebbero poi fondate le forze politiche, popolari e socialiste, che avrebbero guidato la costruzione europea almeno sino al 1991, quando il liberal turn di Maastricht ed il passaggio al “turbo-liberismo” ed all’ economicismo avrebbero poi fatto di popolari e socialisti due contenitori disomogenei, due enormi “vasi di Pandora”, in cui si sarebbero prima annacquate e poi dissolte le fondamenta originarie. (Segue)
Umberto Baldocchi