Questa riflessione di Massimo Maniscalco è in continuità con i suoi ultimi due interventi CLICCA QUI e QUI  pubblicati rispettivamente il 25 e il 29 maggio scorsi

L’Autonomia differenziata, non gradita dai centralisti di FdI e FI  potrebbe prendersi un lungo periodo di riposo. C’è chi ritiene che la legislatura sia appesa alle sorti dell’Autonomia Differenziata a finanza invariata, ma soprattutto che a quest’ultima sia legata l’unità del Paese.

I processi decisionali legislativi necessitano sempre di trasparenza, pubblicità comprensibile, conseguenti notorietà e partecipazione garantite. La Costituzione fonda l’unità del Paese sui principi di eguaglianza, formale e sostanziale, dei cittadini e di solidarietà economico sociale. Invece, “Il divario tra il Sud ed il Centro Nord nei servizi essenziali per imprese e cittadini rimane ampio[1]”.

Nelle bozze di pre intesa sull’Autonomia differenziata, pubblicate sul sito del Ministero degli Affari Regionali, è scritto che i fabbisogni standard dovranno essere determinati tenendo conto “della popolazione residente” e “del gettito dei tributi maturato nel territorio regionale”, cioè che chi più ricco deve ricevere più soldi e disporre conseguentemente di servizi migliori, rischio di spaccatura, sempre negato ma sempre rilevato dagli organismi indipendenti.

Con l’approvazione della riforma di marca leghista si cambierebbe di fatto la forma dello Stato, trasformandolo in Stato federale, con Legge ordinaria e senza realizzare i passaggi necessari per le modifiche costituzionali e con notevole aggravamento della spesa pubblica, non si capisce a carico di chi. Infatti, se le Regioni del Nord trattenessero il 90% delle imposte per coprire le spese relative alle funzioni trasferite (come previsto dall’attuale progetto di Autonomia differenziata), lo Stato perderebbe 190 miliardi di Euro e conseguentemente non avrebbe la capacità di sostenere lo sforzo perequativo richiesto. L’Ufficio Studi del Servizio del Bilancio del Senato ha espresso pareri decisamente fortemente critici  circa il Disegno di Legge sull’Autonomia differenziata, dal punto di vista tecnico; documento presto ritirato, quasi che fosse stato un errore renderlo pubblico.

L’allarme della Commissione dell’Unione Europea nel Report sull’Italia, riaccende le polemiche sull’Autonomia differenziata, ulteriore monito dopo la valutazione tecnica del Servizio di Bilancio del Senato. “La Legge Quadro richiede che questa Riforma debba essere a invarianza di spesa per il governo centrale.  Eppure, senza risorse addizionali può risultare difficile assicurare lo stesso livello essenziale di prestazioni (LUP, Livello uniforme di Prestazioni) in Regioni con una spesa storica più bassa.”

Per colmare il Gap con il Nord, bisogna far lievitare il tasso di occupazione della popolazione attiva nel Mezzogiorno di almeno 15 punti in 10 anni ed avere una crescita in analoga misura del Prodotto interno lordo. Le simulazioni ci dicono che se sapremo realizzare in sintonia con l’Europa, il Piano Nazionale di Resilienza e Ripresa, nei prossimi anni il Prodotto Interno Lordo (ancorché non unico, certamente importante indice) del Mezzogiorno, crescerà del 24% rispetto al valore dell’anno 2020.

“Questo DDL sull’Autonomia Differenziata è un treno in corsa, distruttivo, che va fermato con ogni sforzo possibile[2]”. L’importante è, invece, che in nessuna modalità vengano introdotte, dal Governo e dalle norme, misure ed attività che vadano in controtendenza rispetto all’obiettivo di perequazione, coesione, convergenza ed ostacolino la perequazione rispetto alle aree più prosperose del Paese, eventualmente adottate per vellicare gli interessi di fazione leghisti e di porzioni di Confindustria.

Dire che le  Regioni del Nord i soldi li vogliono dallo Stato in proporzione a quelle somme che pagano e che vogliono anche riconosciute le nuove competenze e l’Autonomia differenziata, concreta una possibile secessione camuffata” in una Repubblica che si definisce “una ed indivisibile”; se questo iter carsico proseguisse il suo corso nel modo in cui è iniziato, si verificherebbe nel nostro Paese il prevalere degli egoismi delle comunità, la crescita delle diseguaglianze che concretano ingiustizie e l’indebolimento di coesione, convergenza, perequazione e solidarietà nazionale pretese dalla Costituzione.

“L’Autonomia Differenziata aumenterebbe il gap di competitività tra il Nord ed il Sud rendendo definitiva non solo la paralisi di quest’ultimo, ma anche la distanza tra l’Italia e l’Europa[3]”. La vulgata secondo la quale la Riforma “Autonomia differenziata” sia pressoccé perfetta, ma sia strumentalmente adoperata nella contrapposizione tra forze dell’alleanza di Governo (Fratelli d’Italia e Forza Italia verso Lega[4]), è adoperata dai sostenitori per sottostimare e celare i molti effetti negativi della bozza com’è oggi.

“La qualità di una Classe Dirigente si misura dal fatto che sia capace di prevenire ed interpretare i bisogni reali di una società in continua evoluzione nel variegato evolversi delle proprie esigenze”[5]. Il Rispetto della Costituzione e l’unità del Paese obiettivi irrinunciabili dell’azione pubblica, attuata in ottica di Bene Comune.

Chi scrive si assume la responsabilità di chiedere formalmente che il raggiungimento dell’Autonomia differenziata a finanza invariata sia discusso puntualmente, con l’analisi pubblica di tutte le premesse e le conseguenze, politico\economico\sociali, in apposite sedute del Parlamento, durante le quali il Governo presenti la sostanza del contenuto del Progetto e le sue implicazioni, impegnandosi alla pubblicazione di dati veri ed inoppugnabili perché verificati da Organismi Indipendenti, in linguaggio comprensibile ai non addetti ai lavori, trasmessi dagli Organi di Informazione in modo da consentire il massimo di responsabilità politica da parte dei proponenti, Lega Nord in primis, ed il massimo di conoscenza e consapevolezza da parte delle varie collettività interessate.

La riforma opportuna che dovrebbe essere approvata, dovrebbe indirizzarsi nella direzione  della modifica di alcune autonomie verso un maggiore centralismo e dovrebbe avere a fondamento la seguente base economica indiscutibile: ogni cittadino deve poter avere diritto, ad una analoga spesa pro capite da parte dello Stato, in tutte le sue articolazioni, in qualunque territorio del Paese nasca ed abbia deciso di vivere; infatti, non vi può essere un paese unito se i diritti di cittadinanza dei suoi abitanti sono diversi in funzione del luogo di nascita o di residenza.[6]

Su un altro versante, invece, i dati ci impongono a ragionare sui risultati di scelte di tempi precedenti. Nelle ultime 24 posizioni della classifica del Sole 24 Ore sulla Qualità della Vita dell’anno 2021 nelle 108 Città italiane Capoluogo di provincia, ci sono solo province del Mezzogiorno quali Palermo, Catania, Messina, Napoli; ultima delle 108 Crotone. Un esempio di raffronto tra cause ed effetti tra macro aree: la quota di personale comunale laureato, sul totale, è dell’11% a Palermo, del 19% a Napoli, del 32% a Bologna.

L’Autonomia differenziata non è autonomia ma egoismo, se lascia indietro i più deboli ed i più fragili, se non inclusiva. Gli assi del Pnrr sono stati pensati per recuperare anche tutti quei ritardi che hanno come conseguenze il trovare città del Mezzogiorno costantemente nelle ultime posizioni della classifica relativa alla qualità della vita in Italia.

Bizzarro il modo in cui la nuova Autonomia dovrebbe essere attuata, cioè con una serie di Intese, ognuna diversa dalle altre,  tra lo Stato e le singole regioni, rinnovabile dopo dieci anni o eliminabile a piacimento,”  lasciando possibile “l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni di autonomia” con relativa provvista finanziaria;: potrebbe il nostro, chiamarsi ancora Stato unitario? Come, a cose fatte, questa volta il Ministro chiamerà questa creatura?

Nel Merito: la differenza in termini di eguaglianza di Diritti fra Livelli essenziali di prestazioni e Livelli uniformi di prestazioni non è lieve ne di poca importanza. Se il criterio da adottare fossero i LEP, il Mezzogiorno avrebbe diritto ad livello minimo, indipendentemente dai livelli che sarebbero attribuiti nelle regioni più ricche. Se il criterio da adottare fossero i LUP, invece, si dovrebbe stabilire che ogni cittadino, così come prevede la Costituzione, abbia diritto allo stesso livello di servizi in qualunque parte del Paese si trovi[7].

L’unico percorso virtuoso possibile: approvare preventivamente i Livelli di uniformi prestazioni, verificare che gli obiettivi di perequazione, coesione e convergenza fra le regioni, previsti dall’articolo 116 della Costituzione, in tema soprattutto di infrastrutture, siano raggiunti o in via di raggiungimento; solo dopo discutere di autonomia, come è giusto fare volendo applicare il Titolo V e l’articolo 116 della Costituzione.

Contestualmente si legiferi per ottenere di mettere in moto accelerato il Mezzogiorno, in modalità secondo motore manifatturiero del Paese, con l’obiettivo, a medio\lungo termine, di renderlo autosufficiente.

La lotta, vera, concreta alle diseguaglianze, alle povertà, alle ingiustizie, a favore del Bene comune dovrebbe essere la cifra del Paese e del suo Governo, delle sue prese di posizioni, del suo posizionamento nello scacchiere politico amministrativo della propria collettività.  “La Coesione deve essere insieme Sociale e Territoriale”. “E’ dal Sud che deve ripartire lo sviluppo del Paese”;  [8]”.  Da quel Mezzogiorno, che deve potere rappresentare, tramite idonei interventi infrastrutturali, piattaforma logistica europea nel Mediterraneo, Porta sud dell’Europa, secondo motore industriale, manifatturiero, commerciale, logistico, propulsivo dell’intero Paese, luogo ove sia realizzata la piena occupazione (obiettivo già di Dossetti e La Pira), luogo ove siano occupati un milione e trecentomila nuovi posti di lavoro e dove gli incrementi di redditività e cultura possano verificarsi anche tramite attraversamenti snelli, ecologici e sicuri di persone e merci.

Compito delle nuove generazioni di amministratori pubblici del Mezzogiorno è intestarsi questi obiettivi, questo problema ed ingegnarsi sul come porre rimedio nell’interesse delle comunità amministrate.

Sconfinata è la prateria, diversi gli avversari, affascinante l’avventura, ambizioso l’obiettivo, mirabolante il traguardo.

“Unico Obiettivo a cui puntare: un Futuro migliore per l’Italia”[9].

Massimo Maniscalco

 

[1] Mario Draghi, 2021

[2] Mariolina Castellone, Senatrice del M5S, al Quotidiano Domani.

[3] Antonio D’Amato, Presidente Fondazione Mezzogiorno, D’Amato: riforme, autonomia, presidenzialismo, Corriere della Sera, 5 Aprile 2023

[4]  “Va considerato che  dal 1989 ad oggi, in nessun turno di elezioni politiche o regionali, la Lega ha mai superato il 20% dei voti” pur in presenza di un astensionismo esteso e di cospicui numeri di schede bianche e nulle.

[5] Don Luigi Sturzo.

[6] Da un ragionamento di Pietro Massimo Busetta, Il Lupo e l’Agnello, Rubbettino, 2021).

[7] Pietro Massimo Busetta, Dobbiamo prendere i livelli “uniform” Il Quotidiano del Sus, 17 Novembre 2011.

[8] Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica

[9]  Papa Francesco.

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