C’è, nell’ Europa intera, pur con tratti tipici di ciascun contesto nazionale, una insistente domanda di conservazione.
E’ legittimo chiedersi se vi sia un “minimo denominatore comune” che concorre a spiegare questo fenomeno.

L’ Italia è un caso particolare. La destra gioca da sola e, a porta vuota, non è difficile andare in gol ripetutamente. Nel PD – ma questo è un altro discorso – sembra che la Schlein sia già giunta al capolinea e che si ripropongano tutti i motivi di crisi che hanno condotta ad una segreteria che avrebbe dovuto essere taumaturgica e non è stata.

A voler essere schietti, sarebbe finalmente ora che il PD – come ventilato anche da suoi autorevoli esponenti, dopo le politiche dello scorso settembre – affrontasse a chiare lettere l’idea dello scioglimento di un partito che di per sé….è già disciolto. Si tratta solo di prenderne atto e liberare dai lacci di una reciproca interdizione le culture politiche che non possono oltre convivervi. Si tratta di forze che anziché giocare una partita asfittica e perdente potrebbero concorrere a costruire una nuova prospettiva di reale trasformazione del nostro sistema politico.

Con questo andazzo il PD, pur di difendere la sua bandiera, si sta assumendo la responsabilità di creare le condizioni perché Giorgia Meloni possa dormire tra due guanciali per i prossimi vent’anni. Ma, per tornare al favore “popolare” di cui gode la destra, qual è, appunto, il fattore comune ? Sicuramente ll smarrimento della vocazione “popolare” che dovrebbe prioritariamente appartenere al Pd. A sua volta, questo deriva da un deficit di visione prospettiva e, quindi, di cultura. Si potrebbe dire che la sinistra non è più in grado di leggere ciò che è più autenticamente umano e rotola nella sua nuova gabbia ideologica di impronta radicale.

Ma c’è un secondo fattore che qui si può solo accennare, salvo i necessari approfondimenti: viviamo in un mondo in cui troppe persone si sentono perlomeno sconcertate, se non francamente impaurite. Come se la storia le stesse spingendo su e giù per le montagne russe di un pazzesco “ottovolante”. Dallo sconcerto, nasce una incontenibile domanda di rassicurazione, come se si volesse intimare al mondo di rallentare la sua folle corsa.

Domenico Galbiati

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