Molti di quelli che parlano di Francesco come del Papa “politico”, spesso, connotano questa definizione con un’accezione negativa al fine di colpirne l’azione pastorale e l’immagine. In ogni caso, dimostrando di non avere familiarità con il Padre nostro e con tutto ciò che ne è venuto di conseguenza, lungo secoli e secoli di cammino, nell’azione specifica dei cristiani tra gli uomini. Oppure, pensano che l’orazione più importante sia uno slogan politico…

Cos’è il Padre nostro? Molto semplicemente, una preghiera dettata direttamente dal Cristo che unisce i due principali comandamenti: “Ama il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Ama il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti » ( Mt 22,37-40).

Con la Lettera a Diogneto, di un ignoto del secondo secolo dopo Cristo ad un altrettanto ignoto interlocutore, appunto di nome Diogneto, ci si trova di fronte al primo documento organico che tratta dell’impegno socio-politico dei cristiani(CLICCA QUI). Da lì parte la costruzione della Dottrina sociale della Chiesa, ciò che Paolo VI preferiva chiamare il Pensiero sociale dei cattolici. I quali sono gli unici tra tutte le fedi religiose ad avere una sistematica visione delle questioni umane intese nella loro complessità e coerenza con le due parti in cui si divide il Padre nostro.

Come già sottolineato in un precedente intervento, in questa Lettera ritroviamo  un antefatto fondante della visione agostiniana del ‘giusto’ uso dei beni, di quella francescana dell’uomo in grado di riconoscere la pari dignità ad una natura animata da tante altre cose viventi, fatta com’è di animali, piante, corsi d’acqua, mari e montagne. Antefatto, allora, pure di quella “conversione ecologica” cui sollecita Papa Francesco nella  “Laudato Si’  quando sottolinea come “i cambiamenti climatici sono un problema globale con gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche, e costituiscono una delle principali sfide attuali per l’umanità (CLICCA QUI).

Diventa dunque chiaro, sulla base di una lettura non prevenuta, quanto bisogna intendersi sul significato di “politica” da collegare al Papa. Non solo a Francesco che, in sostanza, ha continuato lungo quella strada aperta da Leone XIII con la Rerum Novarum, e che, come hanno insegnato Paolo VI e il professor Lazzati, non significava coinvolgersi con la politica come la intendiamo quotidianamente noi, ma di leggere le cose del mondo sulla base di un “ragionare politicamente” che è tutt’altra cosa.

In questi giorni abbiamo sentito parlare di un Francesco “peronista”. Una definizione che, alla luce di quello che questa particolare esperienza politica argentina è stata nel corso di decenni, vuole dire tutto e il contrario di tutto. O di un Papa che ha portato il carattere “sudamericano”. Con questo volendo fare riferimento a quelle forme accentuate di impegno sociale solitamente espresse da parte del clero sud americano e dell’America centrale.

Senza dimenticare il contesto specifico che quella parte del mondo ha vissuto, in più fasi, con il susseguirsi di sanguinosi colpi di stato, uccisioni, esplosioni di sottosviluppo e disuguaglianze che l’Occidente non conosce da oltre due secoli. E, dunque, gli interventi esterni sin da quando negli anni ’20 dell’800 giunse, con la Dottrina Monroe, la reazione di molte popolazioni locali che ha avuto spesso esiti drammatici e sanguinosi. Interventi di varia natura, non solo di pressione economica e militare. Persino religiosa, visto l’impegno particolare con cui è stata sostenuta la diffusione delle sette con un intento preminentemente anti cattolico per motivi quasi esclusivamente sociali.

Per Francesco, come per tutti i suoi predecessori dal Concilio Vaticano II in poi, non si tratta certamente di un coinvolgimento nelle vicende di cronaca dei singoli paesi, bensì di valutare come i principi cristiani, il diritto naturale, la libertà di religione, il rispetto della Persona e della sua dignità, intesa anche per ciò che riguarda le regole economiche, del lavoro e il rifiuto dell’etica Sociale, non diventino né un’offesa a Dio né al prossimo.

E la  Fratelli tutti, la prima Enciclica a parlare esplicitamente di questo tipo di Politica, sollecita tutti gli esseri umani ad impegnarsi per la cosa pubblica, aspettandosi, ovviamente, che i cristiani in politica siano particolari attori della lettura del mondo, dei suoi fenomeni e delle sue criticità sulla base di un’autentica ispirazione cristiana e determinati, così, a ricercare e a portare spirito di solidarietà, uguaglianza e fraternità necessarie per ottenere un mondo più pacifico e più giusto.

Taluni che, più o meno consapevolmente, vogliono un mondo diverso, hanno interesse a ridurre e ad appiattire il pontificato di Francesco offrendone una visuale distorta e riduttiva.  Hanno provato a farlo in precedenza, sin dai tempi di Papa Giovanni XIII, ma senza per questo ottenere alcun risultato visto la continuità con cui tutti gli ultimi pontefici non sono venuti meno al dovere dell’impegno sociale.

Giancarlo Infante

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