Proseguiamo con la pubblicazione del ricordo di Giuseppe Zaffuto, e del suo diario africano, a firma di Nino Giordano. Questa parte conclusiva segue le due precedenti CLICCA QUI  e  QUI

Villalba, 4-10-2018

Sono rientrato da pochi giorni dal Continente Nero. Ci credereste che i nostri pomodori vengono venduti a 6 dollari al kg nel Ghana, cuore dell’Africa?

E le lattughe romane addirittura 12/13 dollari al pezzo? E i peperoni a 1 euro ciascuno? Nei mesi scorsi è venuto a trovarmi nella azienda in cui lavoro di Sparacia e poi a Villalba, un imprenditore italiano, ex dirigente dell’ENI, che ha un giro d’affari ad Accra, la capitale del Ghana.

E’ rimasto molto colpito dai prodotti della nostra azienda e delle nostre terre tra Villalba e Mussomeli, e mi ha fatto presente che in Ghana c’è molta “voglia di agricoltura” dove i prezzi degli ortaggi sono alle stelle.

Se ad esempio in Gabon un’anguria di 10 kg costa 18 euro, qui, tra la Nigeria e il Ghana, una sola lattuga romana arriva a costare 11 euro. Quindi per mangiare una buona insalata nostrana completa di pomodori e cetrioli, qui, nel golfo della Guinea, si spende un patrimonio.

Di fatto i soldi ci sono, la moneta gira, ma gli ortaggi vengono venduti a peso d’oro. Sono stato quindi invitato in Africa da questo imprenditore italiano, socio in affari di un imprenditore nigeriano, sposato con una principessa del Ghana. Abitano nella zona di Lagos, in Nigeria e si spostano con l’areo per andare e tornare dai loro possedimenti. Sono stato quindi ospite di questo imprenditore africano, e mi hanno proposto di sperimentare da loro la nostra formula di imprenditoria agricola, stante la bontà dei nostri prodotti.

Una proposta che ovviamente cambia la vita e apre a nuove prospettive di lavoro. Ho spiegato loro come si coltiva anche la manioca,  specificando la diversità di gusto e di colore, a seconda delle zone di coltivazione, ma ho anche fatto presente che non sono venuto in Africa a cercare lavoro, piuttosto sarebbe opportuno formare dei giovani africani nella nostra azienda a Sparacia, così da esportare le nostre tecniche di coltivazione.

Per la verità ci sono rimasti male. In ogni caso mi hanno trattenuto cambiando ben quattro volte il mio biglietto aereo di ritorno, per farmi restare il più a lungo e per strapparmi la promessa che sarei tornato. Sto quindi lavorando ad un progetto che comprende molto materiale italiano. E il più bel regalo che posso fare alla principessa appena rientro in Italia, sarà mandarle due casse della nostra passata di pomodoro, una passata casereccia, e il nostro olio d’oliva. Per non parlare dei nostri formaggi che la fanno letteralmente impazzire. Ho anche commissionato mezzi meccanici alla Sicilzappa di Mussomeli.

E presto insomma, dal Vallone, partire un container di prodotti diretti in Africa.

Sto lavorando per organizzare un circolo economico virtuoso tra i nostri territori e l’Africa dove c’è tanta fame di prodotti della terra.

E per un agronomo è davvero appagante sentire queste cose. C’è da fare un grande percorso insieme e sicuramente questo per il futuro cambierà l’organizzazione della mia vita, tornerò quaggiù e confido di lasciare l’impronta della nostra sicilianità come per altro già ho fatto in Gabon negli anni passati. La storia purtroppo ci insegna che qui sono passati tanti popoli europei che hanno depredato queste terre lasciandole sempre più povere, e anche prima di me sono passati altri cosiddetti professionisti che hanno solo rubato soldi con finte consulenze. Io sono venuto qua con un obiettivo diverso e confido di trovare nel nostro Vallone altre braccia e altre menti con le quali spenderci sul serio per questa terra. Da quando conosco l’Africa ho sempre detto che noi la potremo conquistare con la zappa, il coltello e la forchetta. Ho girato nei possedimenti in Ghana, nei pressi del grande lago Volta, ho visitato le serre esistenti alimentate con sistemi di irrigazione da riprogettare perché i risultati sono assolutamente insoddisfacenti. Da tempo nel mio cuore, l’Africa ha preso un posto in prima fila, c’è già tracciato un nuovo progetto di vita.

Villalba. 2/5/ 2019

Tornato nella mia Villalba in questi giorni, ripartirò a fine mese per l’Africa, terra dove- è sorprendente – dopo appena 30 giorni dalla semina-le ortive danno già frutto.

In Africa, nel Ghana, sto portando avanti con alcuni esperti del luogo un progetto di produzione agricola. Nei Paesi del west Africa che io conosco, come il Ghana, il Camerun, la Nigeria, la Costa d’Avorio, la Guinea, si registra un aumento demografico esponenziale.

Sono stato invitato, nella mia qualità di agronomo, da una Social company che s’è costituita a tale scopo, per tentare la strada della produzione agricola.

Sono stato quindi coinvolto, finora a titolo privato, ma abbiamo in atto una grande evoluzione progettuale e non escludo future collaborazioni tra enti pubblici. In Africa ci troviamo ad avere a che fare con persone che vivono in capanne di fango, che dormono per terra, non hanno acqua corrente, camminano scalze, ma possiedono tutte il cellulare.

Che vuol dire questo? Che questa gente vive precariamente, nasce e muore senza mai possedere nulla, vive giorno per giorno, come capita, mentre l’utilizzo del telefonino rappresenta la modernizzazione della gamma di conoscenza di queste persone, nel senso che subiscono le influenze di quel che avviene nel mondo che non conoscono. E questo crea ulteriori diversità e aspettative.

Nel Ghana ( nota 2), e proprio ad Accra, la capitale, dove vivono oltre 2 milioni di abitanti, si trova la sede della società, costituita da soci di origine italiana e da una principessa del posto, sposata con un magnate nigeriano. Nell’ambito di questo progetto di coltivazione agricola, sia in Ghana che in Nigeria, hanno chiamato me, avendo a suo tempo maturato esperienze nel continente nero. Va chiarito che tutta la proprietà fondiaria del Ghana è divisa in regni, le terre insomma, appartengono a diversi re, come quello di Kumasi dei guerrieri Ashanti o quello di Grande Accra, con cui io ho buoni rapporti.

Questo re ha saputo della mia presenza, finalizzata a coltivare pomodori e altri ortaggi, e ha voluto conoscermi. E questo per dire: io vi do la terra, a patto che ci sia un agronomo italiano capace di farla fruttare a fini sociali, anche per produrre manioca, che per loro equivale al nostro grano, ovvero l’alimento base. La Social company ha quindi “regalato” al re la mia competenza, chiedendo in cambio la terra dove portare avanti tali colture. Il re, a dimostrazione della sua benevolenza, ci ha dato il doppio della terra da noi richiesta. Ho avuto anche l’opportunità di conoscere sua maestà e di parlare direttamente con lui.

Il re, in un villaggio che si trova a circa 50 km dalla costa, mi ha messo a disposizione una squadra di lavoranti da educare alla coltivazione agricola.

Un mese addietro abbiamo seminato pomodori, zucchine, cetrioli, meloni, angurie, melenzane, ovvero tutti ortaggi che da loro hanno prezzi proibitivi. Basti dire che peperoni e zucchine costano un euro a pezzo, e 2 euro costano le lattughe. Un’insalata nostrana a loro costerebbe 50 euro. Ad un mese dalla semina, già ci sono i primi frutti, perché abbiamo una temperatura media di 35° con escursioni notturne sui 25° e alta umidità. Abbiamo l’acqua e a 34 giorni dalla posta dei semi a terra con la stessa tecnica adoperata nel nostro Vallone, laggiù stiamo già raccogliendo le prime zucchine. Tuttavia in quelle terre c’è un’alta carica batterica e micotica che bisogna contrastare per evitare la compromissione radicale delle piante, che li porterebbe in breve alla morte. E qui entra in gioco la mia conoscenza maturata sul campo.

Affrontando tali infezioni e facendo crescere le piante sane, apportando al terreno le componenti nutritive di cui abbisognava.

Ho adoperato semi standard, così da riprodurli in loco, e sottrarre dal giogo delle multinazionali la povera gente del posto, che non può pagare una bustina di semi ibridi di pochi grammi, ad un costo esorbitante. Il mio scopo è di evitare la coltivazione protetta e idroponica con serre asettiche, che ha dei costi esagerati.

Sto cercando di insegnare a trasformare il loro terreno in terra agraria da coltivare, per “riempire lo stomaco” di quelle popolazioni integrando la loro dieta alimentare con prodotti freschi, ed evitare non poche carenze vitaminiche ai bambini. Il nostro pomodoro, da loro, è una medicina. Bisogna togliersi però dalla testa di fare coltivazione biologica in Africa, puntando sulla terra vergine. Non funziona così. E lo sto dimostrando, tenendo un diario giornaliero, sia per me, che per la farm per la quale sto lavorando. E i risultati sono confortanti, a dir poco. Studi che porterò a conoscenza anche dei mei professori all’università di Palermo, per costruire dei protocolli di coltivazione a misura. Finora sono stato in Africa usufruendo di ferie e periodi di aspettative, ma adesso non è più possibile.

Al mio ritorno, dai principi Okokowo in Nigeria, devo realizzare un grandioso progetto che abbisogna di respiri ben più ampi, tant’è che abbiamo già spedito fertilizzanti, trattori, semi. E dovrò fare scelte ben precise per il mio futuro tra tre settimane, quando ripartirò. Stavolta però non sarò da solo, con Ferrante, che vuole maturare questa esperienza in Africa.

Per altro, la Social company sta aprendo un punto vendita nel centro di Accra, la capitale, dove sarà possibile acquistare i nostri ortaggi freschi. Mi hanno anche onorato di un nome locale, Nana Kofi Giuseppe, che vuol dire Sir Giuseppe nato di Venerdì. Sto anche cercando di migliorare il mio inglese perché il mio compito è questo, formare nuovi agronomi africani per lasciare un segno tangibile del nostro passaggio professionale”.

In conclusione, un piccolo dono d’amore di Don Pino della “Comunità Speranza e Carità ” di Palermo.

Con Frate Biagio e la moglie.

“Ho incontrato Giuseppe per la prima volta nel 2015. Avevamo da poco iniziato la fattoria solidale di TAGLIAVIA ( il “Progetto Tagliavia” , frazione di Monreale, per il miglioramento e il potenziamento della produzione agricola e casearia a favore dei disagiati della Missione Speranza e Carità di Biagio Conte ) dove lui venne per seminare le prime lenticchie di Villalba, una qualità molto bella sia come forma che come proprietà organolettiche.

Già fin da allora si manifestò per quello che lui era: competente, aperto a 360 gradi alla gratuità, al dialogo, alla ricerca…

Giuseppe era l’uomo per gli altri: il professore competente, “senza la puzza sotto il naso”, il fratello pronto al dialogo e al confronto, l’amico che sa vivere di quella amicizia leale e corretta. La sua forza era il saper coinvolgere molti in progetti di vera maturità umana e sociale; l’amore per le cose belle e vere della vita: l’amicizia e la disponibilità ad aiutare le popolazioni africane in cerca di cibo e di fraternità. Progetti che scavalcano gli orizzonti geografici come pure di razze e di religione.”

Grazie Giuseppe per tutto quello che ci hai donato. Che Dio renda merito alla tua vita! Nino

Nino Giordano

(2)  Il Paese è il secondo produttore mondiale di cacao, ma nel paese mancano impianti di trasformazione che permetterebbero di esportare un prodotto a più alto valore aggiunto. Anche per il caffè, di qualità robusta, mancano impianti di trasformazione in loco. Lo stesso vale per lo zucchero. Il Paese è produttore di frutta tropicale di buona qualità, ma mancano impianti di trasformazione per la produzione di conserve, succhi, frutta essiccata. Il governo vuole iniziare a trasformare queste risorse agricole che adesso esporta e per farlo deve anche dotarsi di infrastrutture. Il Paese ha infatti bisogno di ampliare la rete viaria e riabilitare le reti ferroviarie esistenti, ampliare e ristrutturare i due porti di Tema e Takoradi.

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