Giusto e doveroso, accorato e sincero l’omaggio dei grandi della Terra al Santo Padre.

Resterà nella storia l’immagine di Trump e Zelensky, seduti, in modo del tutto semplice ed informale, l’uno di fronte all’altro nella Basilica di San Pietro. Come fossero capitati lì per caso e non piuttosto per un indecifrabile disegno della Provvidenza, forse l’ultimo dono concesso a Papa Francesco di affidare al mondo in fiamme che ha lasciato.

Un’immagine suggestiva, d’altri tempi, di sapore medioevale, carica di un altissimo valore simbolico, in cui si coglie un tacito messaggio al mondo contemporaneo, un ammonimento ed un’invocazione di pace.

Così una seconda immagine: la mano di Macron, quasi protettiva, sulla spalla di Zelensky, nel colloquio dei due con Starmer e Trump. Un colloquio estemporaneo, ma che avviene lì, sotto il Cupolone, e da lì trae una forza che non avrebbe avuto altrove. Come se l’Occidente potesse ricomporsi e fasciare le ferite che gli sono state inferte.

E tutto avviene qui, nel cuore della cristianità. Nell’abbraccio del Colonnato. Non nello Studio Ovale, non all’Eliseo, non a Downing Street, tanto meno a Palazzo Chigi. L’Impero ed il Papato. I potenti della terra ed il potere spirituale e morale, ad un tempo, civile ed anche, in senso alto, politico della Chiesa di Cristo.

Ancora non sappiamo quali saranno o meno i frutti di pace di questa giornata storica, che, in ogni caso, mantiene la sua irripetibile dimensione “profetica”. Ma è stato soprattutto il popolo – senza distinzione di fede, credenti e non credenti – a riconoscere nella figura di Papa Francesco, la missione universale della Chiesa. Perché, infine, di questo si tratta, anche quando il momento di aggregazione più immediato di tanta pietà popolare è rappresentato dalla commozione che suscita il calore umano di questo o di quel grande Pontefice.

C’è una domanda di salvezza, spesso inconsapevole, ma viva ed insopprimibile, che preme nella coscienza dei molti che, al di là del momento emotivo, trovano nella Chiesa Cattolica – e non altrove – l’approdo che vanno faticosamente cercando. È come se anche i grandi, gli uomini più potenti della Terra, pur rivestiti dell’autorevolezza istituzionale che loro compete, siano stati ricondotti alla comune misura di una umanità ferita e dolente. Perennemente alla ricerca – e la pace ne rappresenta l’immagine più emblematica – di quel senso compiuto delle cose del mondo e della vita in cui prende forma il suo destino. Secondo una dimensione che vive nella storia di tutti i giorni eppure trascende ogni particolare contingenza.

Domenico Galbiati

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