Ha ragione Lorenzo Dellai (CLICCA QUI). INSIEME condivide ed accoglie il suo appello. Non è più tempo di tergiversare. E’, per ognuno, il tempo della responsabilità e dell’azione.
Una politica degna di questo nome esige che il pensiero preceda e giustifichi l’azione, che, in caso contrario, finirebbe, prima o poi, per accartocciarsi su di sé. Ma bisogna, ad un tempo, cogliere, con tempestività, quel momento topico in cui tocca all’azione dare corpo al pensiero. Le analisi e gli approfondimenti necessari sono stati fatti. Insomma, ognuna delle formazioni di ispirazione cristiana cui si rivolge Dellai ha debitamente fatto i compiti a casa.
Ora è tempo di giocare in squadra. Non correndo tutti dovunque vada il pallone, ma disponendo sul campo schemi tattici ispirati ad una geometria che, per un verso, porti alla luce, il vero nodo delle questioni da affrontare, per altro verso renda la partita comprensibile ed accattivante per chi volesse via via entrare nella squadra o almeno tifare per i suoi colori. Peraltro, non possiamo permettere, in vista delle prossime elezioni politiche, che le destre vincano facile, segnando a porta vuota.
Dobbiamo opporci a viso aperto all’egemonia che la destra, legittimamente, a maggior ragione godendo del “default” dell’avversario, cerca di esercitare sul Paese. Lo diciamo in modo pacato, ma fermo. Senza guardare al passato, senza inchiodare nessuno alla memoria storica della propria parte, senza cadere nella postura ideologica di chi evoca e condanna, a conferma dei suoi, i pregiudizi ideologici altrui.
Lo diciamo, quindi, sul piano strettamente politico e culturale, senza pregiudizi di sorta, guardando al domani, piuttosto che al passato. Cioè, osservando come le destre rappresentino la declinazione politica di culture del tutto incapaci d’interpretare un momento storico, che ha bisogno di allargare oltre gli spazi della cittadinanza attiva, della partecipazione democratica, della responsabilità personale di ognuno, piuttosto che l’affermazione di un principio d’autorità, finalizzato a comprimere la libera espressione e la ricchezza plurale del Paese in un blocco d’ordine.
Che sia in nome della “nazione” o, piuttosto, del “sovranismo”.
Insomma, la destra gioca la partita sbagliata, ma la gioca sul velluto. Infatti, anche dall’altra parte non sanno decifrare la situazione, né dispongono degli strumenti concettuali adatti ad interpretarla, meno che mai a metterci mano secondo un disegno che sia almeno sensato. C’è una sinistra ancora ideologizzata e massimalista, laicizzante (nulla a che vedere con quella “laicità” che anche a noi preme ), votata ad una cultura radicale, dimentica delle sue radici popolari. In altri termini, arroccata su stilemi che risalgono al secolo scorso e forse anche a quello precedente, si arruffa nelle sue parole d’ordine, ma non dice nulla di nuovo.
Ovvio, a questo punto, che, come in effetti succede, all’opposizione non resti altro se non dare sulla voce al Governo, cercando di ribattere colpo su colpo e cosi’ cadendo, senza avvedersene, nella tela di ragno stesa da Giorgia Meloni, che alza i toni perché sa che i suoi sprovveduti avversari ci cascano. Come se avessero già rinunciato a combattere la buona battaglia, oppure temendo fortemente di perderla, si preoccupassero almeno di galvanizzare e trattenere gli elettori già fidelizzati. In sostanza, un caso paradigmatico di potere che logora chi non ce l’ha.
Per parte nostra, diciamo da tempo: è necessario cambiare gioco. Senza illudersi che aggiungendo una gamba – per ora, se non abbiamo perso il conto, siamo giunti a quattro – al tavolo sghembo del “campo largo” gli si possa dare l’equilibrio e la forza necessaria a reggere l’onere del governo del Paese. All’ Italia serve, al contrario una “coalizione”, nel senso degasperiano del termine, che sia popolare – per quanto ci riguarda, animata da una cultura di ispirazione cristiana – liberal-democratica, laica, ambientalista, di forte impronta sociale.
A noi sembra che vada in questa direzione l’appello di Lorenzo Dellai a chi ci sta e, per parte nostra, rispondiamo alla chiamata.
Domenico Galbiati