Leggo che a Roma si è tenuto un incontro promosso da alcune cosiddette espressioni “civiche” del Centro Sinistra. E che Giuseppe Conte, presente all’incontro, ha espresso “interesse” per l’iniziativa. Leggo inoltre che qualche commentatore ha evocato, a questo riguardo, la Margherita.
Con tutto il rispetto che si deve ad ogni proposta che cerca di uscire dal vicolo cieco nel quale l’opposizione si trova, mi permetto di osservare che questa lettura è totalmente infondata. E, dunque, a mio parere, non idonea a tracciare una linea politica e di rappresentanza sociale utile a costruire una credibile alternativa alla Destra.
Vi è in primo luogo un elemento fondamentale: nessuna “nuova” iniziativa politica può credibilmente nascere “in franchising”: al massimo, così, può essere una congettura tattico-elettorale, utile per chi si ritiene, tolemaicamente, il perno “politico” attorno al quale gravita il tutto. Vale per il PD e vale – si può arguire dalla presenza all’incontro di Conte – per il M5S.
In secondo luogo, mi pare che questo modo di procedere sia più consono ad una sorta di competizione dentro l’attuale perimetro del Campo Largo – nella rassegnata prospettiva di rimanere ancora a lungo all’opposizione – più che ad una strategia di efficace competizione con la Destra per il Governo del Paese. Insomma, uno sforzo di redistribuzione del consenso dentro un perimetro già consolidato di consenso – oggi ampiamente minoritario – più che un progetto per riconquistare la fiducia della maggioranza degli italiani.
In terzo luogo, ritengo infondato il riferimento alla Margherita. Personalmente, avendo avuto un qualche ruolo al riguardo, sono particolarmente legato a quella esperienza, nata in Trentino ancora a metà degli anni novanta e poi realizzata a livello nazionale qualche anno dopo. Essa non fu una proposta solo “civica”, ma pienamente “politica”.
Non fu “neutra” rispetto alle culture politiche. Fu invece il tentativo di dare corpo ad una nuova presenza, autonoma ed organizzata, ispirata al Popolarismo di laica matrice cristiana, al pensiero liberal-democratico ed alle sensibilità ambientaliste di cifra più germanica che italica.
Quella esperienza fu poi fondamentale per la stagione dell’Ulivo guidato da Romano Prodi: una formula che al tempo é stata “più” di una semplice coalizione elettorale, ma “meno” di un Partito Unico e che – pur con i suoi momenti di criticità – ha dato voce e rappresentanza plurale ad una larga parte di cittadini ed alla loro speranza di una prospettiva di governo riformista. Poi le cose sono andate come sappiamo, con la “reductio ad unum” nel PD (che personalmente non ho mi condiviso) e con la crisi di rappresentanza politica sia della Sinistra riformista che del Centro di ispirazione degasperiana – capace di essere, come al tempo lo fu la DC, una barriera verso la Destra – che oggi vediamo con assoluta evidenza.
Ovviamente non si può pensare al futuro con gli occhiali del passato. Tuttavia, se si vuole evocare la Margherita, occorre ragionare in modo assai diverso. Lo spazio per reinterpretare oggi, mutatis mutandis, quella esperienza ci sarebbe. E forse molto più ampio di quello che la mitologia del bipolarismo muscolare e radicalizzato lascia pensare.
Ma, appunto, allora servono iniziative politiche di altro tenore e di altro spessore, capaci di vera autonomia (se non si esiste come “soggetti politici autonomi” non si possono fare coalizioni che non siano fondate sulla logica dei “satelliti”); di contenuti forti (non si sconfigge questa Destra con quattro slogan sul “pericolo fascista”); di leadership autorevoli, di pensiero innovativo. Con capacità di dialogo fuori dai recinti e di rappresentanza di quella larga parte di elettori che non votano, o votano a destra per la carenza di cedibili alternative e di progetti coerenti sui nodi principali del nostro futuro nazionale ed europeo, come giustamente ha detto Ernesto Ruffini nella sua ultima intervista ad HP.
Chi volesse oggi dare corpo ad una iniziativa ispirata alla Margherita, dovrebbe dunque dire: noi partiamo in forma autonoma, senza nessun “padrinaggio” di altri; siamo alternativi a questa Destra (Italiana e globale), in forza della nostra idea di società; sappiamo che la Politica, al di là dei sistemi elettorali, richiede alleanze e non mere solitudini identitarie; non riteniamo che questo Campo Largo sia adatto (per postura politica e per credibilità dei programmi) a dare risposta al futuro del Paese e dell’Europa; lavoriamo dunque, con chi ci sta, per una vera coalizione europeista e “trasformatrice”, perché i tempi nuovi che viviamo lo esigono; in ogni caso, saremo presenti con la nostra proposta alle prossime elezioni politiche, poiché la Democrazia non si esaurisce solo nel vincere (a prescindere dalla fondatezza della proposta: noi siamo popolari, non populisti) e sappiamo avere uno sguardo lungo, nel quale la seminagione è il presupposto della raccolta.
Ci sono varie esperienze politiche, nazionali e territoriali, che ragionano in questo senso, per ora in modo separato. Vogliamo finalmente cercare di metterle a fattor comune, iniziando- come primissimo passo – con una Intesa politico-operativa tra i soggetti di ispirazione popolare che condividono questa prospettiva?
Lorenzo Dellai