Una definizione dell’uomo contemporaneo? È presto detto: un mix di numeri e parametri tecnocratici. 

L’uomo è manager, trader, influencer… il suo patrimonio ammonta a… il suo programma di investimenti consiste in… il suo fatturato sfiora quota…
Poi l’uomo muore e, dopo il cordoglio di rito, si passa a valutare il suo testamento, dove gli eredi vengono soppesati in funzione della percentuale di eredità ad essi spettante. E ricomincia il giro: di numeri, di bilanci, di quote d’investimento…
Ma quell’uomo – viene da domandarsi – perché ha vissuto? La risposta è scontata: per costruire il suo patrimonio, che poi andrà agli eredi, che cercheranno di incrementarlo per poi accomiatarsi dalla scena del mondo lasciando altri eredi che saranno, a loro volta, impegnati ad accrescere il patrimonio… Finché arriva una crisi, e quel patrimonio sarà spazzato via.
Ma davvero la vita è tutta qui? Basterebbe alzare gli occhi al cielo, distraendo per un istante lo sguardo dall’ossessiva attenzione ai bilanci, per accorgersi che, forse, c’è molto di più.
D’altra parte questo è lo “spirito del tempo”, e si sa che, per l’uomo comune, è molto difficile sottrarsi ai condizionamenti mentali del contesto in cui si trova a vivere. Tanto più in questa nostra epoca tecnologicamente avanzata dove i sistemi di controllo sociale diventano ogni giorno più invasivi e potenti.
E così, mentre i poveri lavorano per arrivare a stento a fine mese, i ricchi lavorano per occupare nuovi territori (con i relativi corollari di guerre), per conquistare nuovi pianeti (con le materie prime da sfruttare), per impiantare chip sottopelle e modificare il genoma umano, mirando a un potere sempre più esteso.
La logica del nostro tempo – avverte Papa Francesco – sembra travolta dalla tentazione di «un potere demiurgico sulla natura e sullo stesso essere umano. Invece che verso la contemplazione della verità e la ricerca del fine ultimo e del senso della vita, queste forme di razionalità sono orientate al servizio di fini utilitaristici, di fruizione o di potere».
Ed è per questo che il pontificato di Papa Francesco è fortemente orientato al recupero della dimensione umana – dell’uomo quale immagine di Dio – da contrapporre alla lucida follia del nostro tempo.
Per Papa Francesco, l’essere umano non è mai un’etichetta, una categoria economicistica, un parametro numerico. L’essere umano è sempre un nucleo di identità, di sentimenti, di valori… anche di bene e di male, se occorre, ma sempre riconducibili a una prospettiva di fede che implica l’esperienza del perdono e la definitiva affermazione del bene. Con un senso di speranza che guarda alla vita ultraterrena.
E questa affermazione di fede Papa Francesco la replica ogni giorno attraverso i discorsi, i messaggi, le udienze, i viaggi, gli incontri della sua straordinaria opera apostolica.
Di questo intenso apostolato, volto alla riscoperta di un umanesimo vitale, alternativo alla sterile ideologia dell’“uomo macchina”, vogliamo qui ricordare due momenti recenti: l’omelia dedicata alla “Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani” (San Pietro, 23 luglio) e il discorso agli Artisti in occasione del 50° anniversario della Collezione d’Arte Moderna dei Musei Vaticani (Cappella Sistina, 23 giugno).
Afferma Papa Francesco:
«La vecchiaia è un tempo benedetto: è la stagione per riconciliarsi, per guardare con tenerezza alla luce che è avanzata nonostante le ombre, nella fiduciosa speranza che il grano buono seminato da Dio prevarrà sulla zizzania con cui il diavolo ha voluto infestarci il cuore».
«Abbiamo bisogno di una nuova alleanza tra giovani e anziani, perché la linfa di chi ha alle spalle una lunga esperienza di vita irrori i germogli di speranza di chi sta crescendo. In questo scambio fecondo impariamo la bellezza della vita, realizziamo una società fraterna».
«La Parola divina ci invita a non separare, a non chiuderci, a non pensare di potercela fare da soli, ma a crescere insieme. Ascoltiamoci, dialoghiamo, sosteniamoci a vicenda. Non dimentichiamo i nonni e gli anziani: per una loro carezza tante volte siamo stati rialzati, abbiamo ripreso il cammino, ci siamo sentiti amati, siamo stati risanati dentro…».
«L’artista prende sul serio la profondità inesauribile dell’esistenza, della vita e del mondo, anche nelle sue contraddizioni e nei suoi lati tragici. L’artista ricorda a tutti che la dimensione nella quale ci muoviamo, anche quando non ne siamo consapevoli, è quella dello Spirito».
«L’artista si muove nello spazio dell’invenzione, della novità, della creazione. Facendo questo, smentisce l’idea che l’uomo sia un essere per la morte. L’uomo deve fare i conti con la sua mortalità, è vero, ma non è un essere per la morte, bensì per la vita».
«Voi artisti avete la capacità di sognare nuove versioni del mondo. Siete un po’ come i profeti. In ciò siete chiamati a sottrarvi al potere suggestionante di quella presunta bellezza artificiale e superficiale oggi diffusa e spesso complice dei meccanismi economici che generano disuguaglianze. Quella bellezza non attira, perché è una bellezza che nasce morta».
«La vostra arte vuole agire come coscienza critica della società, togliendo il velo all’ovvietà, criticando i falsi miti di oggi, i nuovi idoli, i discorsi banali, i tranelli del consumo, le astuzie del potere».
«C’è bisogno di gettare la luce della speranza nelle tenebre dell’umano, dell’individualismo e dell’indifferenza. Aiutateci a intravedere la luce, la bellezza che salva».
Questo è l’umanesimo di Papa Francesco…
Massimo Nardi
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