In continuità con Francesco, ma anche con i predecessori, Papa Leone riporta l’attenzione del mondo sulla “sofferenza degli innocenti” che recano nel volto l’immagine della sofferenza di Cristo.

Nuove povertà “più sottili e pericolose” avanzano in un mondo che si è arricchito, ma ha smarrito l’equità. E lo smarrimento dell’equità, secondo il Pontefice, sta all’origine di tutti i mali sociali.

Si tratta di un’affermazione che dovrebbe far propria la politica che discute piuttosto di uguaglianza.
Senonché , l’equità – ce lo ha insegnato anche Don Milani – è qualcosa di più.  Non si limita a dare a ciascuno parti uguali, ma piuttosto differenti e commisurate al maggior bisogno di chi ha meno. Viviamo dentro una “economia che uccide”, tale per cui la povertà non è un effetto secondario indesiderato, ma piuttosto la condizione necessaria perché dall’altra parte si accumuli la ricchezza.

Papa Leone insiste sull’intero spettro delle povertà. La povertà economica, anzitutto, che emargina, esclude e trascina a cascata anche la povertà morale e spirituale, la povertà culturale, le forme di povertà più avvilenti. Soprattutto oggi, nella società della conoscenza e della comunicazione, la povertà culturale, soprattutto quando sta in capo alle età minori della vita, umilia la persona, ferisce a fondo il suo valore umano, ne compromette la capacità critica e l’autonomia di giudizio, mutila il suo pieno diritto di pari dignità e di pari cittadinanza con i suoi simili.

In fondo, la povertà culturale è una forma moderna di schiavitù, impone una condizione di obbligata dipendenza dal giudizio e, dunque, dagli interessi altrui. Non consente di maturare una propria visione del mondo e della storia entro cui collocare l’orizzonte di senso della propria vita.

La povertà è un furto di libertà, della facoltà che, più di ogni altra, dà forma all’immagine ed alla somiglianza di Dio che abita nel cuore di ognuno.

La politica che si ispira ad una concezione cristiana della persona, dovrebbe assumere come priorità privilegiata della propria azione una lotta senza quartiere a queste nuove forme di povertà che spesso segnano di una fatale minorità la vita fin dai primi anni dell’infanzia.

Peraltro – afferma Papa Leone – solo “criteri pseudo-scientifici” sostengono che il “libero mercato” possa condurci al superamento della povertà. Occorre, piuttosto, una “trasformazione della mentalità” che ci liberi dall’illusione che la vita consista in una perenne rincorsa al denaro, al successo, al primato personale, al prevalere sugli altri, come se fosse una “vita agiata” a garantirci la felicità. Si tratta di affermazioni chiare ed esplicite di impronta pastorale, ma suscettibili di essere sviluppate sul piano della riflessione politica, dove, se non opportunisticamente edulcorate, esercitano una forza dirompente.

Il nostro è, o dovrebbe essere davvero, il tempo della “trasformazione”. I poveri “maestri del Vangelo”, sostiene Papa Leone. Sono coloro in cui la fatica della vita ne svela il valore più profondo, quella dimensione abissale nel quale il nostro sguardo si smarrisce, senza giungere ad un fondo che allude all’ infinito.

Parole altrettanto nette, il Pontefice riserva ai migranti. “In ogni migrante respinto, c’è Cristo che bussa….”
“Accogliere, proteggere, promuovere ed integrare”, nel segno della lezione che risale a Papa Francesco. “Dove il mondo vede minacce, (la Chiesa) vede figli…”

In una stagione di dissipazione e di smarrimento dovremmo – in particolare, nel contesto della riflessione politica – studiare e pensare dalla “Rerum Novarum” ai giorni nostri – da Leone a Leone – l’intero ventaglio dei documenti sociali, encicliche e non solo, che fanno del Magistero della Chiesa il baricentro di una nuova visione del posto dell’uomo nella storia, il momento focale di quella rifondazione antropologica di cui hanno bisogno la cultura e la stessa politica dei giorni nostri.

Domenico Galbiati

About Author