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La leggenda nera sul presunto silenzio di Pio XII fa risalire le sue radici a prima del pontificato. A quando, cioè, Eugenio Pacelli era nunzio apostolico in Germania, proprio negli anni dell’ascesa del nazionalsocialismo. E, invece che protestare contro quella che si stava dimostrando come una dittatura in tutta la sua violenza anche antisemita, Pacelli sarebbe rimasto inerte. Anzi, avrebbe persino, quando era divenuto Segretario di Stato vaticano, avallato un Concordato con la Germania, siglato nel 1933, quasi un “lasciapassare” per il nazismo. Ma è davvero così? I fatti dicono di no, e la ricerca del diacono Dominiek Oversteyns, che ha lavorato su fonti primarie, dimostra che Pacelli intervenne ben 326 volte contro il nazismo. Ma c’è un discorso, in particolare, che merita di essere letto con attenzione: è un discorso pronunciato l’1 settembre 1929, dunque quattro anni prima l’ascesa di Hitler al potere, in cui l’allora nunzio Pacelli mosse ben 44 critiche al Partito Nazionalsocialista.
Ad essere messo in discussione era il programma stesso del Partito Nazionalsocialista, che aveva celebrato tre settimane prima, dal 1 al 4 agosto 1929, il suo Quarto Congresso A Norimberga. Fu in quel congresso che cominciò la crescita popolare di Hitler, tanto che da lì fino al 1933 il partito raccolse in media circa l’11 per cento di voti in più ad ogni consultazione nazionale.
Eugenio Pacelli comprese subito il pericolo, e verbalizzò le sue preoccupazioni in questo discorso in cui mette in discussione punto il programma elettorale. Non fu l’unica volta. Dal 4 agosto 1929 fino al 10 dicembre di quello stesso anno, il nunzio Pacelli contestò la persona di Hitler e il suo programma del NSDAP per un totale di 70 volte. Dal 1923 al 1929, gli anni della sua esperienza da “ambasciatore del Papa” in Germania, Pacelli intervenne ben 326 volte contro Hitler e il programma nazista. Sono interventi che si trovano in 40 discorsi e otto documenti.
Prendiamo qualche esempio delle contestazioni, lasciando agli storici e agli analisti il compito di andare più nei dettagli, andando tra le pieghe del linguaggio diplomatico che – e in particolare quello pontificio – non è mai diretto, ma non significa che non denunci le situazioni. Pio XII criticava, già ad inizio discorso il punto 24 del programma nazionalsocialista, che chiedeva “per tutte le confessioni religiose la libertà nell’ambito dello Stato, nella misura in cui esse non mettano in pericolo la sua esistenza e non offendano il sentimento germanico”. Lo faceva in maniera diplomatica, salutando i “fratelli nella fede”, riuniti sotto la guida di “capi esperti”; contestando di fatto anche l’autoproclamazione di Hitler a führer.
Il punto 25 del programma del partito nazista sottolineava che “l’interesse generale prevale su quello particolare. Per realizzare tutto questo (programma) noi chiediamo la realizzazione di un potere centrale forte l’autorità assoluta del Comitato Centrale su tutto il territorio tedesco e i suoi organismi”.
Nel suo discorso, Pacelli prende fortemente le distanze da questo punto di vista. Dice: “Lo Stato è per noi il Paese amato, dove gli individui e le famiglie costruiscono la pace nelle loro case; lo Stato è chiamato ad assisterli nella creazione di una esistenza felice quaggiù, sotto tutti gli aspetti. Perciò il servizio cattolico a popolo e il servizio allo Stato è un comandamento di Dio, santo e incrollabile. Quando l’idea cattolica dello Stato rinnega assolutamente inesorabilmente la potenza dello Stato e l’arbitrarietà statale, e ricorda all’autorità statale i propri confini, posti da Dio, allora l’idea cattolica dello Stato racchiude due elementi fondamentali e vitali”.
Il punto 19 del programma del Partito Nazionalsocialista rivendicava la sostituzione del diritto romano con un diritto comune tedesco. Nel discorso, il nunzio Pacelli sottolineava invece che “in questo tempo di sviluppo decisivo, la mia aspirazione non può essere altro che liberare le vie e spianare la strada per le attuali circostanze giuridiche, molto cambiate, per i valori e le forze creative, presenti nella nostra fede e nel nostro modo di vivere cattolico finalizzato alla costituzione degli Stati, alla guarigione e alla vera felicità dei popoli.
E ancora, al punto 20 del programma si leggeva che “affinché tutti i tedeschi abili e diligenti abbiano accesso all’istruzione superiore e così anche ai posti direttivi, lo Stato deve prendersi cura di una radicale ristrutturazione del sistema scolastico. I piani di studio di tutti gli istituti scolastici sono da adattare alle esigenze della vita pratica. Già dall’inizio dell’età della ragione, la scuola deve porsi lo scopo dell’acquisizione del senso dello Stato (educazione civica)”.
Pacelli non poteva essere d’accordo. “Voi – diceva – conoscete il pericolo minacciante, che si sta ammassando sul vostro popolo, come su quasi tutti gli Stati culturali. Pericoli che si mostrano quasi più oscuri e funesti di quelli che negli ultimi decenni hanno colpito i popoli. Io grido a voi: tenetevi pronti a compiere i vostri doveri verso la legge naturale e immutabile del Creatore, come ci insegna la Chiesa, e verso la società. Nella vostra fede sono inseriti i sacri fondamenti dai quali potete attingere la forza di adempiere i comandamenti di Dio per il ruolo naturale e soprannaturale della vita e della famiglia cristiana. Non dimenticatevi che questo è il vostro grande compito”.
Quella di Pacelli era una chiamata alla mobilitazione cristiana contro il nazismo che già si mostrava anticristiano e ammantato di paganesimo. Tra l’altro, sin dal 1923, Pacelli aveva visto la Santa Sede attaccata dal partito nazionalsocialista. Si legge in una nota inviata da Pacelli al Cardinale Pietro Gasparri, segretario di Stato, che
“… alcuni organi della stampa, così tedesco-nazionale come socialista, hanno attaccato in questi ultimi tempi la S. Sede, quasi che essa avesse partecipato a movimenti separatistici in Baviera. Il giornale cattolico Bayerischer Kurier N. 86 del 27 corrente [marzo] ha respinto energicamente le stolte accuse ed io, da mia parte, non ho mancato, per ogni buon fine, di dare a questo Governo qualche informazione verbale e riservata 1) correttissima tenuta dalla S. Sede medesima in occasione della visita (di cui il Governo stesso aveva già avuto sentore) del suddetto Prof. Fuchs a Mons. Nunzio Apostolico in Parigi”.
Complessivamente il nunzio Pacelli dal 14 novembre 1923 fino al 12 dicembre 1929, il suo ultimo giorno di permanenza in Germania, fece 326 contestazioni contro Hitler e il programma del NSDAP nei suoi 40 discorsi, 8 documenti e un articolo.
In più Pacelli aveva osservato nei dettagli lo sviluppo di ogni partito in Germania, per valutare le possibilità che questi partiti votassero in favore del concordato che la Santa Sede voleva concludere con Baviera. In questa sua analisi, l’esistenza del NSDAP veniva alla sua attenzione già nel 1922, inizialmente considerati come una sorta di fascisti guidati da Hitler.
Comprendendo che l’ideologia del nuovo partito era pericolosa per la società e per la Chiesa Cattolica, il nunzio Pacelli reagiva molto velocemente, con interventi nel giro di poche settimane, ai nuovi sviluppi di Hitler e alle azioni dello stesso Hitler dal 1924 al 1929: ci sono almeno 20 esempi che documentano questo attivismo anti-nazista di Pacelli.
Altro che il Papa di Hitler. Pacelli fu ai ferri corti con il partito nazista sin dall’inizio delle sua ascesa. (3 – continua)
Andrea Gagliarducci