Le forze politiche – o chi ne faccia parte – sono “oggettivamente” responsabili nei confronti del Paese, perfino a loro dispetto o a loro insaputa. Il decorso degli eventi cui concorrono, le posizioni che assumono in questo iter, lo vogliano o meno, cuce loro addosso un abito su misura, cui non possono sottrarsi se non tradendo se stesse.

Il consenso di cui godono non è manna discesa dal cielo. Vincola la loro coscienza perche’ trae alimento dalle fatiche e dalle attese, dalle speranze e dagli obiettivi dei loro elettori. Cioè, il consenso non va interpretato da chi lo riceve come una generica ed occasionale consonanza, bensì ha a che vedere con la vita delle persone che la politica, anche quando non lo sanno, la vivono sulla loro pelle nuda. Insomma, chiunque abbia vocazione per la politica deve capire qual è, in quel particolare momento, il “punto” della responsabilità che gli compete e farvi fronte.

Oggi – esposti al rischio che una destra pericolosa torni, tra due anni e meno, a governare l’Italia – ad essere particolarmente investiti dalla responsabilità di cui sopra sono, in primo luogo, i popolari ed i riformisti del Partito Democratico.

Il risultato elettorale delle Marche – dove era in lizza un autorevole esponente del PD – e soprattutto la debacle calabrese – dove il Movimento 5 Stelle ha sacrificato il suo campione, emblema della sua politica sociale – sono la rotta definitiva del cosiddetto “campo largo”. Dipende in buona misura dalla lucidità e dal coraggio degli esponenti di cui sopra, la possibilità di cambiare gioco.

E’ pericoloso far conto su una fortunosa vittoria aritmetica ai punti. Come quando si deve fare la diagnosi di una condizione clinica complessa, anche nell’analisi prospettica di determinati passaggi politici, bisogna, nell’interesse del paziente, prendere in considerazione anzitutto l’ ipotesi più grave “quoad vitam” che sembra conciliarsi con il quadro sindromico che si osserva.

Detto banalmente, meglio stare ai primi danni… Detto banalmente, senza sperare invano nello “stellone d’ Italia”, l’ipotesi più grave ed incombente è che Giorgia Meloni sbaragli il campo delle Schlein e dei Conte. E gli italiani – soprattutto coloro che non vanno più a votare e sono ormai stabilmente la maggioranza – avranno, a quel punto, diritto di chiedere spiegazioni, per quanto tardive, a chi oggi potrebbe ancora agire.

Insomma, amici cattolici e riformisti del Partito Democratico, esponenti di una sinistra ragionevole, non ideologizzata e massimalista, se non ora, quando…?

Domenico Galbiati

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