La scorsa settimana ho iniziato a leggere un libro che già dalle prime pagine mi è sembrato molto interessante.  Il titolo è: “Le utopie del Sud – Viaggio tra miti e utopie dell’Italia Meridionale dal XII al XIX secolo”. L’autore è l’architetto Mario Schettini, specializzato in sviluppo sostenibile dei sistemi urbani e, da diversi anni, intento alla rilettura critica del Mezzogiorno, partendo dall’analisi urbanistica e sociologica delle città meridionali.

Di cosa parla questo libro? Narra, con il corredo di tante belle foto del passato, la storia di alcune città-simbolo dell’Italia meridionale. Quelle città che attraverso trasformazioni e organizzazione umana dello spazio, rappresentano per tutti un osservatorio privilegiato per comprendere l’evoluzione storica di un popolo e di una nazione.  Il libro è anche un viaggio ideale attraverso i miti e le utopie che il Sud è stato in grado di immaginare e realizzare in 700 anni di storia. Dagli Svevi ai Borboni delle Due Sicilie, l’autore rilegge  attraverso 15 esempi di città ‘ideali’, gli eventi che hanno determinato la storia dell’Italia meridionale e la sua struttura sociale. Il Sud preunitario, ecco la tesi del libro, è stato capace di produrre cultura e bellezza e dare vita a comunità ‘resilienti’, fondate sui principi della solidarietà e della pace. E, in molti casi, ha  realizzato vere e proprie avanguardie locali che hanno anticipato i più vasti fenomeni europei. Dalla rilettura dei casi emblematici delle ‘Utopie’ realizzate nel Mezzogiorno d’Italia, appare evidente come, sia nel pubblico che nel privato, si cercò di tradurre in pratica una visione della società e dell’economia tutta meridionale. Molto interessante, poi, è la lettura  che Mario Schettini dà dell’Italia preunitaria. In quel periodo storico furono realizzati nel Mezzogiorno progetti che nel resto dell’Europa nessuno era stato in grado di ideare.  Cosa c’entra questo riferimento letterario con la rinascita dei centri storici del nostro Mezzogiorno? C’entra eccome. Conoscere il passato serve a capire il presente e progettare il futuro.  Un monito che abbiamo imparato da Cicerone: “Non sapere cosa sia accaduto nei tempi passati sarebbe come restare sempre un bambino. Se non si fa uso delle opere dell’età passata, il mondo rimarrà sempre nell’infanzia della conoscenza”.

Far rinascere i centri storici del Sud con questi chiari di luna dello spopolamento e della denatalità  sembrerebbe un’Utopia.  Ma l’Utopia fa parte della storia. Nei nostri paesi, non dico del Regno delle Due Sicilie, ma dell’Italia post-risorgimentale, sembrava un’utopia che un figlio di contadini potesse diventare ingegnere, medico, professore e finanche generale, magistrato o senatore. E invece l’Utopia è diventata realtà. Si è incuneata nella Storia e ha spinto gli uomini a raggiungere più ambiziosi traguardi. Chi ha portato l’uomo sulla luna con le missioni della Nasa a Cap Canaveral? Fu lo scienziato Rocco Petrone, figlio di due contadini lucani, di Sasso di Castalda, emigrati in America alla fine dell’Ottocento.

E chissà quanti casi ancora potremmo citare. Oggi, però, il mondo è cambiato. Il Sud dovrà seguire un altro paradigma se vuole evitare marginalità e depressione. E’ il tempo di scelte coraggiose. In molti, andando anche un po’ controcorrente, si chiedono perché costruire ancora strade, acquedotti, ponti e ferrovie, se i nostri paesi del sud si spopolano e si impoveriscono? Alcuni anni fa, il coordinatore nazionale dei piccoli comuni dell’Anci, Massimo Castelli, Sindaco di Cerignale, intervenendo ad una trasmissione su Rai 2, sui problemi e le potenzialità dei piccoli comuni, disse testualmente:  “La lotta contro lo spopolamento delle aree marginali e dei piccoli Comuni è la prima e più importante opera pubblica necessaria al nostro Paese. Le politiche dei singoli Comuni da sole non bastano. Ci vuole una strategia nazionale che sia in grado di riconnettere l’Italia dei piccoli Borghi con quella del Frecciarossa”. E poi aggiunse “Mentre noi parliamo, un piccolo Comune muore per spopolamento e lo dimostra il fatto che negli ultimi 40 anni sono stati ben 2000 i piccoli centri che hanno perso l’80% popolazione, e tra questi 120  dal 60 all’80%. Se perdiamo questi Borghi perdiamo di fatto l’Italia”.

La verità è una sola: se il nostro Bel Paese vuol restare in piedi come stato unitario, dovrà occuparsi ancor di più del Mezzogiorno. E questo per evitare, come ripeteva spesso Ugo La Malfa, che il nostro paese, spaccato e impoverito, anziché aggrapparsi alle Alpi, scivolasse sempre più verso le Piramidi.  La rinascita dei centri storici al Sud comporta l’adozione di politiche intelligenti, non solo da parte dello Stato ma soprattutto da parte delle Regioni e dei Comuni. Per ciò che attiene allo Stato si dovrebbe osare di più: ad esempio, sperimentare, in queste aree svantaggiate, una fiscalità di vantaggio. Una specie di Flat tax territoriale. Chi avvia attività economiche in queste zone rende anche un servizio alla propria comunità e va aiutato con una fiscalità differenziata.  Solo creando lavoro si ferma la fuga dai territori. Non basta costruire le scuole se poi le aule restano senza bambini. Nei piccoli borghi ci sono quasi due milioni di case inutilizzate, mentre le periferie urbane sono in grande difficoltà.  Ed ecco allora questa moderna utopia della rinascita.

A dire il vero, in alcune regioni sono state messe in campo delle misure che, nel tempo, potrebbero trasformare l’utopia in progetto e il progetto in realtà. Prendiamo ad esempio la Sardegna. Nell’ottobre dell’anno scorso ha lanciato una campagna contro lo spopolamento dei piccoli comuni, con una serie di aiuti finanziari e bonus offerti dalla Regione. Tra questi il bonus bebè (8 mln di euro) che prevede un assegno di 600 euro mensili per la nascita (o adozione) del primo figlio e di 400 euro per ogni figlio successivo; il bonus commerciale (105 mln di euro) per l’apertura di una nuova attività nei paesi; il bonus casa (45 mln di euro) per ristrutturare o acquistare la casa in un piccolo comune e infine il bonus accompagnamento delle imprese (60 mln di euro) con sgravi fiscali fino al 40 per cento.

C’è da aggiungere infine che anche in Sardegna, come in altre regioni italiane, ha preso piede il progetto delle case a 1 euro. L’obiettivo è attirare nuovi residenti e invertire il destino di molte abitazioni che altrimenti verrebbero abbandonate. Chi ha creduto molto in questo progetto è stato il Sindaco di Ollolai, un paese di circa 2000 abitanti in provincia di Nuoro. Nel 2018, Ollolai contava già 500 richieste per l’acquisto delle proprietà alla cifra simbolica di 1 euro. Ebbene, in questa Regione, già a distanza di un anno, si  possono vedere i primi risultati. Sono state presentate 600 domande per l’apertura di un’attività nei comuni sotto i 3000 abitanti. Le domande ammesse per l’acquisto o ristrutturazione della prima casa sono state 1393 e infine 1400 famiglie hanno usufruito del bonus bebè. Ma altre regioni come la Calabria, la Basilicata e la Sicilia, dove è in atto un forte spopolamento delle aree interne, che progetti hanno avviato? In che direzione si stanno muovendo? Se la strada intrapresa dalla Sardegna darà buoni frutti, vorrà dire che siamo sulla buona strada. Dobbiamo far tesoro degli insegnamenti del passato e guardare con più fiducia al futuro, soprattutto per i  nostri figli. Non in tutte, ma in molte occasioni, la storia ha dimostrato che il progresso, come diceva Oscar Wilde, è solo la realizzazione dell’Utopia.

Michele Rutigliano

 

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