Previsioni rispettate. Il centrodestra stravince in quello che è sempre stato un baluardo della sinistra. Azzeccata la scelta della candidata alla presidenza regionale, Donatella Tesei, due volte di seguito sindaco di Montefalco, cui va il 60 % dei consensi. Un responso elettorale netto da parte degli umbri che hanno pure aumentato la partecipazione al voto. Chi pensava che la maggiore affluenza potesse significare una ripresa del Pd si è sbagliato.

Gli elettori umbri hanno presentato il conto al Pd. All’indomani di un colossale scandalo giudiziario che ne ha messo a nudo incapacità gestionali e contraddizioni nel comportamento, visto come ha lasciato che il malaffare sostituisse la cura del bene comune.

Incapacità e contraddizioni emerse in maniera ancora più evidente nella fase di preparazione della lista elettorale. Non è bastato limitarsi a creare il ” fronte” anti Salvini. Raffazzonato all’ultimo momento e fingendo di fare una scelta civica che doveva servire a lasciare le cose come stavano.

Il Pd ha preferito seguire una linea ambigua tra autoreferzialità e difesa degli assetti di potere consolidato. Sulla questione eravamo intervenuti segnalando ( CLICCA QUI  e poi CLICCA QUI e ancora CLICCA QUI )che, forse, l’unico modo per non far vincere il centrodestra, o per raggiungere un risultato decoroso, avrebbe dovuto essere quello di dare vita ad una lista davvero costruita e partecipata dal basso.

Il Pd ha voluto sbatterci il muso, perché era più comodo continuare con antiche parole d’ordine, piuttosto che dare il segno di voler avviare un’autentica rigenerazione. Lo stesso hanno fatto anche altri. Tra questi Luigi Di Maio che non ha seguito una linea coerente fino in fondo ed ha finito per accettare un candidato presidente e una lista che non hanno convinto.

Adesso i 5 Stelle parlano già della fine di un ” laboratorio”. Quello allestito in tutta fretta attraverso la coalizione imbastita con il Pd. Il solito atteggiamento superficiale degli improvvisatori della politica che sorvolano completamente sulle dinamiche economiche e sociali che concorrono alla determinazione dei convincimenti politici e del voto.

In realtà è mancata una risposta credibile ai veri problemi di quella regione.

Le vicende giudiziarie che hanno parzialmente scoperchiato il sistema di potere umbro del Pd, e di altri, non spiegano da sole il risultato di ieri. Le ragioni del voto  devono essere trovate nell’impoverimento di quelle terre. Nell’arco degli ultimi dieci anni il Pil è notevolmente calato rispetto alla media nazionale. Tra il 2006 e il 2017 persi 16 punti percentuali in termini reali e l’andamento è continuato negli ultimi due anni. La povertà individuale ha toccato quota 17,6% e la disoccupazione è salita nel 2018 al 9,4%, raddoppiando rispetto al 2008.

La sostanziale staticità economica della regione, tendente alla depressione, è confermata dal fatto che l’Umbria non ha assolutamente partecipato all’aumento delle esportazioni verso l’estero, nell’Italia centrale cresciute invece del 17,9% nel corso dell’ultimo anno. A fronte di questo consistente aumento registrato dalla macro area del Paese di cui fa parte, l’Umbria continua a contribuire alle esportazioni italiane per appena lo 0,9%. Prosegue lo spopolamento e, purtroppo, la Regione perde soprattutto i giovani che si trasferiscono in altre parti d’Italia o, in maniera consistente, all’estero.

Per quanto riguarda il turismo, risorsa importante per questa zona, come lo è quello della cultura, l’Umbria resta a meno della metà dell’indice della capacità nazionale di attrarre visitatori e aumentare le presenze, con un 23 % rispetto al 51% di crescita registrato grazie al boom cui si assiste nel settore. Gli aumenti delle cifre degli esercizi extralberghieri confermano le trasformazioni in atto in questo ambito, all’insegna di un suo impoverimento complessivo. La responsabilità di queste insufficienze sono tutte della Regione dell’Umbria e di chi l’ha gestita finora.

Un sistema economico e sociale è dunque a pezzi. Inevitabile che ne faccia le spese il ” sistema” Pd che, evidentemente,  non riesce a reggere più perché rimasto attaccato a modelli e a equilibrismi politici e gestionali propri di una fase storica superata. A tutto questo, gli elettori umbri hanno detto basta. E’ inutile girarci attorno.

Adesso, iniziano le discussioni perché il governo 5 Stelle e Pd non avrebbero risposto alle attese. Come se un quadro tanto drammatico, aggravato dal terremoto e dalla pessima gestione della cosiddetta ricostruzione, potesse essere risolto magicamente, solo grazie al connubio governativo messo frettolosamente in piedi da Conte, Di Maio, Zingaretti e Renzi.

Si tratterà sicuramente di discussioni astratte e strumentali, destinate in ogni caso a influire sul quadro politico generale e, forse, anche sugli assetti di governo.

Visto a cosa è ridotta la politica italiana, solo le Sibille potrebbero aiutarci con la loro preveggenza a dirci subito oggi cosa accadrà e prefigurarci le conseguenze sulla durata del Governo e sulle tensioni destinate a interessate il triangolo formato da Di Maio, Renzi e Zingaretti.

E’ difficile prevedere una crisi immediata perché si deve pur fare la finanziaria e perché il nemico, Matteo Salvini, non solo è alle porte, ma comincia a sbatacchiarle con sempre maggiore insistenza. Egli pensa che possa venire il momento del riscatto dopo gli errori e le sconfitte rimediate in sede europea e a seguito della strampalata idea di mettere in crisi il primo esecutivo di Giuseppe Conte.

A gennaio sarà il momento delle elezioni in Emilia e Romagna. Si tratterà di vedere, in un contesto del tutto diverso, se il Pd continuerà a crogiolarsi nei propri limiti o se sceglierà con umiltà una strada diversa.

Una riflessione che riguarda anche chi crede nella necessità di mettere in campo altre opzioni, perché un’alternativa a questo stato di cose dovrà, prima o poi, essere davvero costruita.

Giancarlo Infante

 

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