Pubblichiamo la terza parte dell’intervento di Alfredo Anzani sulla sanità italiana. Dopo la prima ( CLICCA QUI ) d’introduzione, è stata pubblicata ieri  la parte dedicata all’umanizzazione dell’assistenza ( CLICCA QUI ). In questa terza parte, Anzani si occupa delle questioni etiche e della divaricazione tra medicina e sanità. Il contributo di Anzani è articolato con il seguente schema:

  • Premessa
  • Introduzione
  • Itinerari educativi:
    • La responsabilità sociale in ambito sanitario
    • La bioetica
    • La comunicazione
    • Ospedale e territorio
    • I medici di famiglia
    • Esempi di medicina territoriale

LA BIOETICA

1. Obiettivo: fornire all’operatore sanitario gli elementi essenziali della bioetica.

L’uomo, da quando esiste, è sempre stato sostenuto dal desiderio di conoscere, di ricercare, di provare, di “andare oltre”, alla ricerca del perché dell’esistenza umana e dei fenomeni ad essa collegati. Questo incessante desiderio corrisponde ad una altrettanto incessante sfida che quotidianamente provoca l’uomo. E l’uomo con la sua ricerca e le sue scoperte, che da Galileo in poi affondano le radici nel metodo sperimentale, esprime la sua signoria sul creato.

Ogni giorno la ricerca scientifica sposta il suo limite e sembra ormai non avere più confini. Questo è possibile per la sempre maggiore disponibilità delle tecnologie che permettono e facilitano una rapidissima evoluzione. Le conquiste dello studio e le applicazioni tecnologiche nei diversi settori stanno portando, infatti, a risultati sorprendenti e assolutamente impensabili.

L’ingegneria genetica, il controllo della fecondazione umana, i trapianti d’organo, la durata della vita costituiscono i principali campi di azione dell’attuale investigazione scientifica nel settore biologico. In ciascuno di questi campi sono stati raggiunti  risultati eccezionali in tempi talmente brevi da impedire alla legislazione di adeguarsi alle “novità” dando loro una “regola” che ne fissi i confini. I risultati, infatti, sono a volte sconcertanti ed inauditi e pongono interrogativi alla coscienza di chi desidera rivendicare a sé e agli altri la qualifica di uomo, inteso nella sua verità totale di unicum inscindibile di corpo-psiche-spirito.

Perché una regola si impone? Perché, nella sua attività di ricerca e di studio, tutte le volte che l’uomo pone in essere interventi riguardanti in particolar modo la vita umana, entrano in gioco, naturalmente, criteri morali di giudizio.

La coscienza del proprio agire rende lo scienziato-biologo attento al valore principale di tutto il suo ricercare, cioè all’uomo che si pone naturalmente al centro di ogni sviluppo scientifico e tecnologico.

Già nel 1865 Claude Bernard nella “Introduzione allo studio della medicina sperimentale” scriveva: “Il principio della moralità medica e chirurgica consiste nel non effettuare mai sull’uomo un esperimento che possa essere in qualche modo dannoso per lui, anche se il risultato potrebbe essere altamente vantaggioso per la scienza, ossia per la salute degli altri”.

Il soggetto-oggetto dell’indagine scientifica è l’uomo. Egli va rispettato in tutti i suoi diritti, primo fra tutti il diritto alla vita. L’etica è un’esigenza imprescindibile della scienza, indispensabile al bene dell’uomo e, in ultima analisi, garante della libertà della scienza stessa da qualsiasi strumentalizzazione.

2. Quale etica?

Quella che nasce e si sviluppa per l’uomo. Essa è valida se rispetta l’uomo in quanto uomo, nei suoi valori, nelle sue esigenze specificatamente umane.  Occorre recuperare la coscienza del primato dei valori morali, che sono i valori della persona umana in quanto tale, il senso ultimo della vita e dei suoi beni fondamentali: allora sarà possibile l’uso corretto (finalizzato alla promozione della persona umana, della sua intera verità, della sua libertà e dignità) di tutta l’immensa ricchezza che la scienza mette nelle mani dell’uomo. La scienza è chiamata ad allearsi con la sapienza.

Al servizio della sapienza si trova, innanzitutto, l’etica, in grado di rispondere ai nuovi grandi interrogativi che si pongono all’attenzione del medico, dello scienziato, del ricercatore.

E, in specie, “la bioetica”. Definita formalmente come “studio sistematico del comportamento umano nell’area delle scienze della vita e della cura della salute, in quanto questo comportamento è esaminato alla luce dei valori e dei principi morali” (Encyclopedia of Bioethics, New York 1978), la bioetica costituisce un significativo movimento di pensiero e di azione.

Consiste nella riflessione scientifica e sapienziale che considera le questioni della vita (bios) in riferimento ai valori più radicali dell’uomo nella sua specifica dignità di persona (ethos).

L’etica vive  scorrendo  tra due poli fondamentali[1]

  • il primo è il vero bene dell’uomo: il fine, il senso, la méta del vivere e dell’operare dell’uomo.
  • Il secondo è la libertà dell’uomo. Senza il vero bene dell’uomo e senza la libertà, non si dà etica.

Il medico non può fare a meno dell’etica. Essa “è per il medico ciò che il faro rappresenta per il navigante. Da una parte il faro illumina l’ostacolo da evitare; dall’altra parte, spaziando sull’orizzonte, il faro invita a prendere il largo e rende possibile la scoperta” (Géraud).

Anche ragionando in termini puramente umani, nessuno può disconoscere all’uomo la sua dignità inalienabile. E pure per il non credente rimangono doverose la riflessione e la ricerca in campo bioetico. Lo  ha detto chiaramente il filosofo Massimo Cacciari: “Nulla contrassegna la volgarità del pensiero più della concezione che oppone laicità ed atto di fede […]. Laico è ogni credente non superstizioso […]. E così è laico ogni non credente che sviluppi la propria ricerca senza mai assolutizzare o idolatrare il proprio relativo punto di vista, e insieme sappia ascoltare la profonda analogia che lo lega alla domanda del credente” (“la Repubblica”, 29 ottobre 2003).

Quindi, il rispetto dell’uomo-persona diventa il criterio morale intangibile. Il medico non può trascurare questi valori che emergono come dati evidenti dell’uomo, della sua condizione e della sua storia, in ogni epoca e luogo.

L’etica è di importanza fondamentale non solo per gli scienziati e i ricercatori. Una solida formazione in etica è essenziale per tutti gli operatori del settore sanitario[2].

Una riflessione che tenga debitamente conto dei fondamenti etici è imprescindibile per prendere decisioni ben fondate e instaurare relazioni improntate alla fiducia con i pazienti, i loro congiunti e i colleghi di lavoro.

L’etica fornisce un orientamento indicando valori e norme su cui basarsi e permette di mantenere la propria capacità decisionale e di intervento anche in situazioni concrete complesse e difficili. Una condotta non etica nell’esercizio della professione può mettere a rischio la sicurezza dei pazienti e incidere negativamente sul lavoro dell’intera équipe.

Questa disciplina deve quindi porsi come un pilastro centrale nello svolgimento dell’attività lavorativa.

Come disciplina a sé stante, deve essere insegnata sia nella formazione di base che nell’aggiornamento e nel perfezionamento relativi alle professioni sanitarie.

3. La formazione in etica comprende diversi ambiti: le conoscenze, l’abilità, le attitudini  e  la  capacità di riflessione.

  •  La trasmissione delle conoscenze fornisce i contenuti fondamentali.
  • Per un’efficace integrazione dei fondamenti etici nella pratica professionale servono le abilità capaci di sollevare le questioni etiche per confrontarsi, nel contesto di casi clinici reali, anche con i pazienti, i parenti o le persone autorizzate a rappresentare i pazienti stessi.
  • La formazione in etica facilita la capacità di adottare determinate attitudini e una adeguata capacità di riflessione che aiuterà a valutare se una determinata questione presenti o meno risvolti etici, permettendo di individuare le modalità più consone per affrontarle.

Sulla base di questa premessa è possibile analizzare più in profondità gli aspetti relativi al problema della formazione etica del medico e dell’operatore sanitario. Essa è necessaria in quanto:

  • il contesto culturale odierno, entro il quale si trova ad operare il medico, preferisce privilegiare la super tecnologia plurispecialistica a discapito del rapporto con il malato che è, irrimediabilmente, alla ricerca di un perché della sofferenza, della malattia, della morte. Oggi, ricorda Hans Jonas, “tremiamo nella nudità di un nichilismo che unisce il massimo di potere intorno ai mezzi con il minimo di sapere intorno agli scopi”[3];
  • la frammentazione e la disseminazione del sapere scientifico sfidano il potere sintetico della ragione, ritenuta inidonea a cogliere la visione dell’insieme, aprendo spazi sempre più grandi a semplificazioni ed irrigidimenti ideologici[4];
  • la profonda crisi che ha colpito l’esercizio della medicina (è arte? è tecnica? è scienza?) sembra non trovare vie d’uscita;
  • il passaggio culturale da una medicina della malattia ad una medicina per la salute ha modificato fortemente il contesto sociale e sanitario nel quale si svolge la professione del medico, e notevolmente aumentato il numero dei professionisti, laureati o diplomati, abilitati a svolgere mansioni e interventi rivolti alla popolazione, anche per l’importazione di figure professionali, prima inesistenti nel nostro Paese, proposte e recepite dalla nostra legislazione in base alle Direttive Europee.

4. Stiamo assistendo ad una divaricazione tra medicina e sanità.[5]

La divaricazione più preoccupante è tra:

  • i “fini” del sistema sanitario e
  • i “fini” della medicina.

Nel primo caso prevale l’intento economicistico, nel secondo caso si assiste ad un crescente controllo dei comportamenti professionali e attraverso ciò ad una subordinazione dei fini in quanto tali. Da questo divario di “qualità” tra medicina/sanità nasce anche il problema della delegittimazione sociale della medicina e, di conseguenza, della perdita di credibilità del medico. A fronte di una crisi paradigmatica della medicina si risponde con una sanità dominata da una logica economicistica, nella quale si consuma un processo crescente di delegittimazione sociale che prima di tutto riguarda il medico. Oggi la medicina si trova tra la spada e il muro. Da una parte “l’esigente”, dall’altra “i conti dello Stato”.

Di fronte a questa analisi, occorre riaffermare che il medico, nel momento in cui presta la sua opera al malato, realizza un rapporto interpersonale contrassegnato da due fondamentali momenti: il primo, di natura tecnica, che si avvale della propria competenza e professionalità; il secondo, di natura etica: il medico è al servizio della persona malata.

 L’atto medico, nel suo complesso, è autentico quando competenza ed etica sono sincrone e diventano allora conoscenza applicata a fini e a scopi umani. Etica e scienza sono chiamate ad armonizzarsi. È difficile, però, stabilire che cosa costituisca tale armonia. In questo sforzo, che necessariamente deve vedere uniti chi si occupa di scienza e chi si occupa di etica, vanno riscoperti il senso della persona umana e l’etica della professione medica. Solo così il senso di responsabilità, ancorato ad una definizione ontologica della persona, permetterà di non perdere mai di vista l’uomo come soggetto etico e al medico di ricordarsi di essere “custode e servitore” della vita umana.

L’esigenza che gli operatori sanitari riprendano la consapevolezza dei valori fondanti la loro professione, unita alla necessità di essere in grado di affrontare le problematiche etiche e culturali che accompagnano le quotidiane scelte cliniche, è una questione inderogabile. Per questo è indispensabile offrire loro opportunità concrete per coniugare la professionalità con una preparazione culturale interdisciplinare basata su argomenti di filosofia e di bioetica. Solo così sarà possibile favorire la ricerca delle soluzioni ai problemi che la pratica clinica sempre presenta.

 Se una pòlis fosse ricca di tanti cultori di discipline particolari, ricca di abilissimi artigiani, ma fosse priva della scienza del bene e senza nessuno che sappia dire quando è bene e quando è male servirsi delle varie capacità ed abilità tecniche e del sapere accumulato, ebbene una città che fosse in questa situazione sarebbe piena di disordine e di ingiustizia” (Platone).

5. Una nuova sfida: l’intelligenza artificiale.

Oggi ci troviamo di fronte a una nuova rivoluzione industriale[6] legata al diffondersi pervasivo di una nuova forma di tecnologia: l’intelligenza artificiale, o IA, destinata a cambiare il modo con cui l’uomo farà tutte le cose.

L’Enciclopedia Treccani offre questa definizione: “L’intelligenza artificiale è una disciplina recente che negli anni ha fornito un importante contributo al progresso dell’intera informatica. Essa è stata inoltre influenzata da numerose discipline fra le quali la filosofia, la matematica, la psicologia, la cibernetica, le scienze cognitive. L’intelligenza artificiale studia i fondamenti teorici, le metodologie e le tecniche che consentono di progettare sistemi hardware e sistemi di programmi software atti a fornire all’elaboratore elettronico prestazioni che, a un osservatore comune, sembrerebbero essere di pertinenza esclusiva dell’intelligenza umana”. 

 5.1. Possibilità di impiego di algoritmi di IA in medicina[7][8][9]:

  • progettazione di farmaci (non solo nella ricerca di nuove molecole con il maggior potenziale, ma anche nello studio digitale dei pathway per cui una certa molecola alla fine arriva dove deve arrivare),
  • sperimentazione e ricerca traslazionale,
  • medicina personalizzata,
  • diagnostica,
  • rapporto medico-paziente,
  • teleassistenza,
  • riabilitazione (esoscheletri per chi non può camminare in grado di assemblarsi da soli; mani robotiche, macchine in grado di imparare gli esercizi dal fisioterapista, per poi applicarli al paziente),
  • chirurgia robotica,
  • virtual coaching,
  • predictive medicine (esempio: sistemi che misurano la stabilità e che predicono il rischio di caduta nelle persone anziane e che permettono loro di allenare l’equilibrio. Un sistema in grado di rilevare tremori, incertezze nei movimenti o esitazioni nella presa, e che fosse basato su statistiche solide, potrebbe permettere di cogliere i primi segni di malattie neurodegenerative),
  • supporto e/o potenziamento funzionale del paziente mediante robotica e sensori indossabili o impiantabili nel corpo umano,
  • medicina di precisione (possibilità di fare diagnosi precoci e più precise),
  • machine learning  (esempio: il tumore mammario è la seconda causa di morte per cancro nelle donne. La diagnosi precoce è decisiva per la sua cura e prevenzione. Sono in corso test con IA per migliorare il processo di diagnosi riducendo i falsi negativi e i falsi positivi rispetto alle refertazioni tradizionali),
  • il monitoraggio[10] delle condizioni di salute dei pazienti da remoto (telemedicina).

Grazie all’IA e alla digitalizzazione i sanitari potranno gestire in modo più rapido ed economico i pazienti con malattie croniche, che saranno monitorati a distanza, liberando consistenti costi sanitari. Al tempo stesso si potranno estrarre informazioni da cartelle cliniche elettroniche e gestire più economicamente le pratiche amministrative che oggi assorbono molta parte dei costi sanitari, così da sollevare i medici da mansioni routinarie e dare loro più tempo da dedicare ai pazienti più critici.

5.2. Nel momento in cui la macchina surroga l’uomo nel prendere decisioni, che tipo di certezze dovremmo avere per lasciare che sia la macchina a scegliere chi deve essere curato e come?

Quando compie delle scelte, l’essere umano conosce una qualifica profonda e radicale delle sue azioni: il bene e il male. L’uomo scopre con la propria libertà un senso di responsabilità che la nostra tradizione occidentale ha chiamato etica. L’etica, caratteristica squisitamente umana, ci rende unici e si fonda sui valori. Anche la macchina sceglie su dei valori – ma sono i valori numerici dei dati. Se vogliamo che la macchina sia di supporto all’uomo e al bene comune, senza mai sostituirsi all’essere umano, allora gli algoritmi devono includere valori etici e non solo numerici. In sostanza, abbiamo bisogno di poter indicare i valori etici attraverso i valori numerici che nutrono l’algoritmo. L’etica ha bisogno di contaminare l’informatica. Abbiamo bisogno di un’algor-etica, ovvero di un modo che renda computabili le valutazioni di bene e di male. Solo in questo modo potremo creare macchine che possono farsi strumenti di umanizzazione del mondo. Dobbiamo codificare principi e norme etiche in un linguaggio comprensibile e utilizzabile dalle macchine. Perché quella delle IA sia una rivoluzione che porta a un autentico sviluppo, è tempo di pensare un’algor-etica”(Paolo Benanti) [11].

5.3. Principi chiave di natura etica[12]

  • La medicina è una prerogativa umana: l’IA è uno strumento che può affiancare il medico senza deresponsabilizzarlo.
  • Le applicazioni della IA in medicina non sono neutre e, quindi, l’intervento umano significativo è necessario. Poiché l’utilizzo della IA presuppone scelte che possono avere conseguenze importanti in termini di salute, dovrebbe essere fatto sulla base di un confronto interdisciplinare fra competenze diverse.
  • L’IA deve essere progettata in modo da rispondere a principi etici ben definiti che definiscano i contorni del rapporto fra paziente e tecnologia e fra paziente e medico, ispirandosi al “consenso informato”.
  • La formazione specifica in ambito di IA, necessariamente interdisciplinare e continua, che accompagni il medico durante tutto il suo percorso e che sia in grado di seguire costantemente i mutamenti globali, è indispensabile.
  • Raffinare e migliorare l’apprendimento automatico per consentire di controllare, di correggere e di migliorare queste dinamiche e rendere così l’algoritmo più efficiente e “raffinato”. Ad una macchina non può essere demandato un processo decisionale tuttora ben saldo nelle mani dell’uomo. Il supporto fornito dall’IA dovrebbe avere la capacità di individuare aree di incertezza, zone d’ombra da sottoporre alla valutazione dell’intelligenza umana.
  • Gli strumenti dell’IA  non sostituiranno mai i medici[13]: essi saranno aiutati a cogliere elementi significativi estrapolandoli dalle quantità di dati.

 L’“algoretica”, ovvero l’uso etico dell’IA, si basa sui seguenti principi[14].

  • Trasparenza: in linea di principio, i sistemi di intelligenza artificiale devono essere spiegabili.
  • Inclusione: i bisogni di tutti gli esseri umani devono essere presi in considerazione in modo che tutti possano trarne beneficio e a tutti gli individui possano essere offerte le migliori condizioni possibili per esprimersi e svilupparsi.
  • Responsabilità: coloro che progettano e implementano l’uso dell’IA devono procedere con responsabilità e trasparenza.
  • Imparzialità: non creare o agire in base al pregiudizio, salvaguardando così l’equità e la dignità umana.
  • Affidabilità: i sistemi di intelligenza artificiale devono essere in grado di funzionare in modo affidabile.
  • Sicurezza e privacy: i sistemi di intelligenza artificiale devono funzionare in modo sicuro e rispettare la privacy degli utenti.

 Abbiamo bisogno di un robot, quando ci sono già gli esseri umani?

“Se pensiamo in termini di alleggerimento della fatica umana, sicuramente sì. Se però, teniamo presente che ci sono azioni che non possiamo delegare ad altri e che, in qualche modo, ci qualificano come esseri umani, allora capiamo che i robot ci serviranno solo per quelle che, in fin dei conti, sono le funzioni meno rilevanti della nostra esistenza. Il rischio è che, fidandoci sempre più dell’“intelligenza artificiale”, finiremo per perdere le nostre capacità naturali: a forza di usare un navigatore satellitare, non sapremo più leggere una mappa; a forza di usare la calcolatrice, non sapremo più fare calcoli a mente. Questi sono i pericoli veri. Dietro un robot, c’è sempre un programmatore, senza il quale il robot non esisterebbe. Non è dell’etica dei robot ma dell’etica dei programmatori che dovremmo parlare” . (Adriano Pessina)[15]

“Il cervello può diventare digitale, ma il cuore deve restare sempre umano”. (Emilio Locatelli)[16]

6. I Comitati Etici ed etica della ricerca

I Comitati Etici sono organismi costituitisi spontaneamente in Italia a metà degli anni Ottanta, allo scopo di promuovere la riflessione etica in coloro che, occupandosi dei problemi della salute, si imbattono in questioni poste dalla costante evoluzione della biotecnologia moderna, riguardanti sia l’assistenza clinica che la ricerca sperimentale sull’uomo.

La riflessione etica vuole condurre a una valutazione del comportamento degli operatori per la salvaguardia di tutti i valori in gioco: non solo quelli riguardanti l’aspetto scientifico-tecnico, ma anche quelli che definiscono ontologicamente il soggetto-oggetto dell’assistenza clinica e della ricerca sperimentale, l’uomo, comprese le sue relazioni con il resto del creato (animali e ambiente). Per raggiungere questo obiettivo si rende necessario il coinvolgimento di varie figure professionali, diverse dai medici e dai ricercatori, costituite da filosofi, esperti di diritto, di etica, di morale, di sociologia, di psicologia, di volontariato.

Essi, affiancandosi ai medici e ai ricercatori, permettono l’aprirsi di un dialogo interdisciplinare in cui le diverse competenze tendono a convergere verso ciò che costituisce il “bene” integrale ed autentico dell’uomo. Il dibattito e la riflessione etica non fermano l’attività degli scienziati, anzi li stimolano a trovare sempre nuove vie per la salvaguardia e il rispetto dell’uomo, mai riconducibile unicamente al suo bios.

I Comitati Etici, i cui membri devono essere nominati secondo il principio della terzietà e secondo criteri trasparenti, valutano gli aspetti scientifici e etici delle sperimentazioni.

  • I Comitati Etici sono da considerarsi un supporto per i ricercatori nel momento in cui decidono di realizzare un protocollo di ricerca. Essi non possono essere lasciati soli e gravati di responsabilità insostenibili di fronte alle possibilità biotecnologiche di cui dispone la medicina moderna.
  • La ricerca sperimentale è uno dei modi privilegiati di fare assistenza; con essa ci si prende cura del paziente riconoscendogli un bisogno e, nel contempo, un diritto. Il protocollo sperimentale informa di come ci si impegna in quel settore specifico. Il medico curante-ricercatore diventa lui stesso responsabile del dovere di sperimentare qualcosa di nuovo per un bisogno non evaso. Questo bisogno di ricerca nasce dall’interrogativo: sto cercando di dare una risposta per risolvere una patologia ancora da combattere o per migliorare la qualità di vita dei pazienti affetti?
  • Questa decisione implica la riflessione su diversi temi. In particolare vanno sottolineati:
  • il giudizio sull’utilità e la necessità della sperimentazione, valutandone l’eticità grazie al dialogo interdisciplinare, mai dato per acquisito;
  • la salvaguardia del paziente, la cui vita e il cui benessere sono un bene primario e fondamentale, con la verifica indispensabile che abbia ben compreso le informazioni connesse alla sua partecipazione al protocollo di studio;
  • la natura complessa delle sperimentazioni, che possono partire da interessi economico-scientifici dei promotori ma anche da domande scientifiche dei singoli ricercatori o di associazioni di pazienti e di ricercatori. Da qui l’esigenza di vagliare in modo molto differenziato le proposte, migliorando i protocolli mediante suggerimenti tecnico-scientifici.
  • Il parere del Comitato Etico costituisce un momento della valutazione della sperimentazione che “a monte” ha il giudizio in primis del finanziatore e dei ricercatori interessati e “a valle” la valutazione peer review per la pubblicazione dei risultati che devono essere noti.
  • La garanzia pubblica che i Comitati Etici offrono non può ridursi unicamente alla verifica della conformità o meno dei protocolli di ricerca alle norme giuridiche in materia. Questo compito potrebbe essere delegato agli uffici degli stessi sponsor. I medici, i ricercatori, quelli che “si prendono cura” di chi o che cosa si prenderanno cura? Degli assistiti o di assicurarsi immunità dalla legge?
  • La costituzione di Comitati Etici vicini al mondo nel quale i singoli ricercatori operano contribuisce ad elevare la percezione dei valori etici e scientifici nell’ambiente clinico, migliorando molto anche la prestazione sanitaria.

I Comitati Etici costituiscono un luogo elettivo che offre agli operatori sanitari, alle prese con urgenti e nuovi problemi anche di carattere etico, un aiuto operativo. Il carattere pluridisciplinare non ha il significato di mediare le diverse prospettive per giungere ad ogni costo ad un’etica condivisa da tutti, mediante compromessi. Anche i Comitati Etici devono rispondere a un’”etica”. Essa si raggiungerà attraverso il dialogo con tutti, per far convergere tutti sui valori riconosciuti dalla ragione umana come fondamentali e irrinunciabili della persona. Infatti, non si deve dimenticare della sussistenza attuale di numerose opzioni etiche, da considerare con rispetto e attenzione, senza però accogliere la pretesa della loro equivalenza e cercando di dimostrare che la scelta personalista è l’unica che si radica nella dignità della persona umana.

7. Consulenza di etica clinica[17]

La consulenza di etica clinica (CEC) è una forma particolare di  aiuto che viene offerta a quanti sono coinvolti nell’assistenza al malato, in ordine a dubbi o conflitti morali che possono emergere nella pratica clinica corrente segnata da una complessità per la quale l’esperienza e la sensibilità del singolo medico possono non bastare per risolvere i problemi etici incontrati nell’esercizio della professione.

L’obiettivo generale della CEC è rappresentato dal miglioramento delle prestazioni e dei risultati dell’assistenza sanitaria attraverso l’identificazione, l’analisi e la risoluzione di problemi/conflitti etici che emergono nella pratica clinica.

La CEC può contribuire:

  1. a migliorare il clima organizzativo all’interno dell’Unità Operativa;
  2. a favorire l’utilizzo appropriato delle risorse grazie all’identificazione delle cause dei problemi etici e la promozione di comportamenti e pratiche coerenti con i valori tipici sia delle deontologie professionali sanitarie sia della mission di una istituzione sanitaria, in un quadro di sostenibilità economico-finanziaria;
  3. a mantenere l’integrità etica della medicina determinando, in tale processo, anche un contenimento dei costi dell’assistenza sanitaria;
  4. a ridurre il contenzioso paziente/operatore e istituzione sanitaria;
  5. al miglioramento della qualità della formazione medica nel trattare i problemi morali.

Questo tipo di consulenza può essere offerta dal Comitato Etico. ( Segue )

Alfredo Anzani

 

[1] D. Tettamanzi, Maestro e pastore. Antologia di scritti e interventi su temi di bioetica, salute e medicina,  A cura di Alfredo Anzani, Ed. San Paolo, 2014.

[2] ASSM, Formazione in etica per i professionisti del settore sanitario, Ed. Accademia Svizzera delle Scienze Mediche (ASSM), www.assm.ch

[3] H. Jonas, Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, Einaudi, Torino 1990, p. 31.

[4] L. Alici, Etica e medicina: prospettive di dialogo e incontro. Lettere dalla Facoltà. Bollettino della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Politecnica delle Marche. Anno VIII n. 2, febbraio 2005, pp. 2-8.

[5] www.qlmed.org/Scopi/Cavicchi.htm

[6] P. Benanti, Conferenza Stampa di presentazione del Workshop e della Assemblea della Pontificia Accademia per la Vita sul tema The “good” Alghoritm? Artificial Intelligence: Ethics, Law, Health, 26-27 febbraio 2020.

[7] M.C. Carrozza, Conferenza Stampa di presentazione del Workshop e della Assemblea della Pontificia Accademia per la Vita sul tema The “good” Alghoritm? Artificial Intelligence: Ethics, Law, Health, 26-27 febbraio 2020.

[8] C. Triberti, M. Castellani, L’intelligenza artificiale. Oltre le quattro leggi della robotica. Ed. GoWare, Firenze 2020.

[9] R. Cingolani, Chief Technology and Innovation Officer di Leonardo, www.repubblica.it/dossier/salute/labrevolution/2020/01/30/news/intelligenza_artificiale_e_medicina_siamo_solo_all_inizio-247154781/

[10] www.energee3.com/blog/ippocrate-intelligenza-artificiale-medica-futuro/

[11] P.Benanti, op. cit.

[12] M.C. Carrozza, Relazione nel Seminario internazionale “The Good Algorithm? Artificial intelligence. Ethics, Law, HealthCittà del Vaticano, 25 febbraio 2020.

[13] villadonatello.com/2019/11/intelligenza-artificiale/#:~:text=Una%20delle%20applicazioni%20dell’Intelligenza,prima%20possibile%20eventuali%20problemi%20cardiaci.

[14] Rome Call for AI Ethics, 28 febbraio 2020. Primi firmatari: monsignor Vincenzo Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita  (sponsor dell’iniziativa); dr. Brad Smith, Presidente Microsoft; dr. John Kelly III, Vice Presidente Esecutivo IBM; dr. Dongyu Qu, Direttore Generale della FAO; il Ministro Paola Pisano per il Governo italiano.

[15] www.notizieprovita.it/filosofia-e-morale/roboetica-pessina-univ-cattolica-gli-algoritmi-gia-ci-dominano-la-questione-politica/

[16] E. Locatelli: dirigentindustria.it/notizie/innovazione/un-approccio-etico-e-umanistico-all-intelligenza-artificiale.html

[17] Istituto di Bioetica. Facoltà di Medicina e chirurgia “A. Gemelli”. Università Cattolica del Sacro Cuore – Roma.  Procedure operative standard per l’effettuazione della consulenza di etica clinica (Rev. 1.0).

 

Immagine utilizzata: Pixabay

 

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