Il dibattito sull’imposizione per legge dell’obbligo di vaccinazione, per prevenire la diffusione del Covid-19, necessita di approfondimenti di natura etica, culturale e politica. Per cominciare, cito un passo tratto da un articolo dell’on. Lorenzo Dellai: “Abbiamo dimenticato il personalismo comunitario e ci siamo lasciati attirare dalla logica dei diritti assoluti e non mediati del singolo individuo?” (CLICCA QUI).

I concetti  “personalismo comunitario” e “diritti assoluti e non mediati del singolo individuo” vanno inquadrati con rigore, per non giungere alla conclusione errata che non esistono principi e valori inviolabili. La morale cristiana, esortando i legislatori a non approvare norme in contrasto con i principi e valori illuminati dal diritto naturale, spiega la differenza fra diritti assoluti (che non possono essere oggetto di mediazione alcuna, quindi anche politica) e i diritti che invece possono essere mediati. Un esempio di principio e valore assoluto è rispettare la difesa di ogni vita umana fin dal concepimento: “Dal momento del concepimento, la vita di ogni essere umano va rispettata in modo assoluto” (Costit. past. Gaudium et Spes, 24). Diversamente il legiferare a riguardo del Codice della strada è un esempio di possibile mediazione compiuta  nei confronti dell’esercizio di una libertà individuale.

Che la vaccinazione obbligatoria sia lecita, lo ha stabilito anche l’art. 32 della nostra Costituzione, stabilendo che nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge (1), fatto salvo il rispetto  “… che anch’essa deve alla persona umana”. Il Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO), applicabile nella cura della salute mentale (regolamentato dall’art. 33 della L. n. 833 del 23 dicembre 1978), è un altro esempio di mediazione in materia sanitaria compiuta dallo Stato (il TSO lo decide il medico assieme all’autorità giudiziaria, indi il prefetto, ma per lui il sindaco. Si applica nei confronti di chi è  un pericolo per se stesso e la collettività).

Massimo Molteni mi pare ponga il dubbio che nel caso specifico della pandemia Covid-19 sia lecito imporre il vaccino. Infatti egli scrive: “E’ legittimo sospendere un diritto delle persona – COSTITUZIONALMENTE rilevante – con un atto legislativo, ancorché temporaneo che introduce un obbligo di cura attraverso un atto medico che come per tutti gli atti medici non è  mai a rischio zero per la persona?” (CLICCA QUI).

Per rispondere è bene rileggere la sentenza n. 5/2018  con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il ricorso promosso anche dalla Regione Veneto, la quale tra l’altro lamentava, con il secondo dei motivi di ricorsi, la violazione degli articoli 2, 3, 31, 32, 34, 97, 117 co. 3,4 e 118 della Costituzione, in quanto la normativa (decreto legge n.73/2017, con il quale il ministro della salute Beatrice Lorenzin aveva reso obbligatori 12 vaccini per i minori dei 16 anni di età) avrebbe violato il diritto all’autodeterminazione previsto non solo dalla Costituzione, ma anche dalla “Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e del cittadino”, e dalla cd. “Convenzione di Oviedo”, le quali pongono la necessità del consenso libero ed informato del paziente. La Regione censurante sosteneva, in sostanza, che un obbligo vaccinale può imporsi solo se sussiste «un interesse individuale o collettivo non altrimenti tutelabile», mentre, nel caso di specie, sarebbe controproducente il passaggio «da una strategia vaccinale basata sulla convinzione ad una basata sulla coercizione» in quanto le misure attuate venivano considerate eccessive rispetto alla situazione attuale.

Circa le censure relative alla violazione degli articoli 117 co.3 e 4 della Costituzione, la Consulta, dopo aver ricordato che la “tutela della salute” deve esser garantita in modo uniforme sull’intero territorio nazionale, ha ritenuto che rientra nella potestà legislativa dello Stato l’introduzione dell’obbligatorietà per alcune vaccinazioni, in quanto «la profilassi per la prevenzione e la diffusione delle malattie infettive richiede necessariamente l’adozione di misure omogenee su tutto il territorio nazionale», con l’obiettivo della cd. immunità di gregge, «la quale richiede una copertura vaccinale a tappeto in una determinata comunità, al fine di eliminare la malattia e di proteggere coloro che, per specifiche condizioni di salute, non possono sottoporsi al trattamento preventivo».

L’intervento statale a tutela della salute, dunque, può essere tradotto in una serie di disposizioni volte, non solo a limitare o vietare alcuni trattamenti medici, ma anche ad imporne di altri, quando necessari. Infine la Corte ha sottolineato come l’obbligo delle vaccinazioni non contrasta con l’articolo 32 della Costituzione, ricordando che «la giurisprudenza di questa Corte in materia di vaccinazioni è salda nell’affermare che l’articolo 32 della Costituzione postula il necessario contemperamento del diritto alla salute del singolo (anche nel suo contenuto di libertà di cura) con il coesistente e reciproco diritto degli altri e con l’interesse della collettività».

La Consulta ha precisato, in particolar modo, che la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’articolo 32 della Costituzione se:

a) il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri;

b) se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili;

c) se, nell’ipotesi un danno ulteriore, sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato (v. sentenze nn.258/1994 e 307/1990).

Per assicurare una prevenzione efficace delle malattie infettive, si può ricorrere talora alla raccomandazione, talora all’obbligo, anche con misure sanzionatorie. «Questa discrezionalità deve essere esercitata alla luce delle diverse condizioni sanitarie ed epidemiologiche, accertate dalle autorità preposte» (Cfr. Corte Costituzione, sentenza n. 268/2017) e alla luce delle acquisizioni «sempre in evoluzione, della ricerca medica, che debba guidare il legislatore nell’esercizio delle sue scelte in materia» (Cfr. Corte Costituzione, sentenza n.282/2002).

Pare evidente che in questa luce il Parlamento (sempre e solo con atto legislativo) abbia facoltà di deroga nel caso in cui la decisione dell’individuo di non vaccinarsi comporti o possa comportare un danno di grave rilevanza alla salute pubblica della collettività (appunto come accade nel caso di TSO sopra esposto, in tema di salute mentale).

Il tipo di trattamento obbligatorio imposto per legge può essere sostanzialmente di due tipi: diretto o indiretto. Diretto, quando la norma impone il vaccino per legge; indiretto, quando limita la libertà personale, affinché  l’individuo non diffonda il contagio o la sua attività produca altro fenomeno a grave danno della collettività.

Dopo l’ultimo vaccino obbligatorio introdotto in Italia negli anni ’90 contro l’epatite b, l’esempio più recente risale appunto alla legge 31 luglio 2017 (3) dell’allora ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che ha introdotto un obbligo vaccinale per la frequenza scolastica limitatamente ai vaccini dei primi anni di vita, come quello contro tetano, difterite, morbillo. Un obbligo, come hanno dichiarato Sergio Abrignani e Ernesto Pregliasco, che ha portato a «ottimi risultati» con un forte aumento delle vaccinazioni tra i bambini.

Pandemia Covid-19 e decisione politica

Il fenomeno epidemico in atto è talmente grave e rilevante per “…l’interesse della collettività”,   che impone al parlamento quantomeno di:

1) ascoltare il parere espresso al massimo livello professionale dalla comunità  scientifica nazionale e internazionale;

2) cercare di rilevare quante morti “indirette” sono state generate dalla pandemia in corso;

3) prendere atto del nesso, dimostrato ampiamente dagli economisti, che lega la ripresa economica alla percentuale di popolazione vaccinata e dei costi che gravano sulla società;

4) valutare le ricadute psicologiche e sociali di chiusure, distanziamenti e didattica a distanza, sulle fasce più giovani o più fragili della popolazione e sugli anziani.

Valutati tutti gli aspetti, risulta lecito porre un limite alla libertà di scelta dei cittadini in situazioni di emergenza, nel momento in cui tale libertà non è, come ho documentato sopra, un diritto assoluto.

Conclusione

 Poiché non esiste un principio assoluto NO-VAX, nel caso pandemico in atto il Parlamento è chiamato a  legiferare pensando non solo ai diritti di ogni singolo individuo, ma anche dell’intera collettività. Inoltre il legislatore ha l’obbligo costituzionale di interrogare la comunità scientifica  sui seguenti punti:

1) I vaccini anti-Covid odierni riducono fortemente il rischio epidemico?

2) Chi non si vaccina può causare danno grave a se stesso e alla collettività?

Dato che a tutt’oggi la risposta a queste domande è affermativa, rispetto al fenomeno pandemico in atto le vie legislative percorribili sono molteplici, ne cito alcune:

a) informare con rigore scientifico e costantemente i cittadini circa i rischi di salute a cui espone se stesso e gli altri colui che rifiuta il vaccino;

b) dissuadere chi non si vaccina (es. comminare sanzioni economiche, limitare la libertà individuale negli assembramenti, ecc.);

c) imporre il vaccino a persone la cui attività possa determinare  rischio elevato a terzi o alla collettività;

d) obbligare la somministrazione di vaccino a fasce della popolazione o a tutta la popolazione.

Quale vie siano da percorrere è compito specifico del Parlamento, non di altri per quanto autorevoli, esperti o potenti siano.

Mario Rossi

 

 

Note

 (1) “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana” (art. 32 Costituzione Italiana).

(2) Art 35 del codice di deontologia medica in vigoreArt. 35 Consenso e dissenso informato: L’acquisizione del consenso o del dissenso è un atto di specifica ed esclusiva competenza del medico, non delegabile. Il medico non intraprende né prosegue in procedure diagnostiche e/o interventi terapeutici senza la preliminare acquisizione del consenso informato o in presenza di dissenso informato. Il medico acquisisce, in forma scritta e sottoscritta o con altre modalità di pari efficacia documentale, il consenso o il dissenso del paziente, nei casi previsti dall’ordinamento e dal Codice e in quelli prevedibilmente gravati da elevato rischio di mortalità o da esiti che incidano in modo rilevante sull’integrità psico-fisica. Il medico tiene in adeguata considerazione le opinioni espresse dal minore in tutti i processi decisionali che lo riguardano.

“ogni persona ha il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell’accertamento diagnostico o della rinuncia dei medesimi…” (art 1 comma 3 legge 219/2017).

(3) Legge 31 luglio 2017, n. 119, prevede vaccinazioni obbligatorie per i minori di età compresa tra zero e sedici anni e per i minori stranieri non accompagnati.

 

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