La principale notizia è giunta ieri dalla Germania, a seguito del pronunciamento della Corte suprema a proposito del quale registriamo i commenti di Rinascita Popolare a firma di Giuseppe Davicino( CLICCA QUI ) e del Centro Studi Livatino a firma di Renato Veneruso ( CLICCA QUI ) che affrontano le conseguenti questioni giuridiche e relative alle relazioni europee che l’intervento tedesco implicano. Enrico Seta fa una prima valutazione sulle implicazioni concrete che la sentenza potrebbe significare per gli italiani o una larga parte di loro
Ieri (5 maggio) La Corte costituzionale tedesca ha deciso che il programma della BCE Public Sector Purchase Programme (PSPP) non è compatibile con alcuni articoli della Costituzione tedesca (artt. 38, 20 e 79) e che pertanto sono illegittimi gli atti con cui il governo federale e il Bundestag hanno approvato tale programma nelle sedi comunitarie.
Il comunicato stampa in cui sono illustrati i termini di tale – rilevantissima – decisione ( CLICCA QUI ) specifica che l’illegittima delle decisioni deriva dalla mancata, previa, verifica della “proporzionalità” del programma.
Si ricorda che il PSPP rientra nell’ambito della ampia strumentazione a disposizione del sistema BCE per l’acquisto di titoli pubblici e privati (quegli strumenti di politica monetaria il cui abuso lo stesso Draghi ha sempre ritenuto una forzatura rispetto alla assenza di una parallela strumentazione di politica fiscale comune).
Tale strumentazione si compone di: il terzo Covered Bond Purchase Programme (CBPP3) per l’acquisto di obbligazioni bancarie garantite; l’Asset-Backed Securities Purchase Programme (ABSPP), per l’acquisto di titoli emessi in seguito alla cartolarizzazione di prestiti bancari; il Corporate Sector Purchase Programme (CSPP), per l’acquisto di titoli obbligazionari emessi da società non finanziarie dei paesi dell’area dell’euro, e infine il Public Sector Purchase Programme (PSPP), per l’acquisto di titoli emessi da governi, da agenzie pubbliche e istituzioni internazionali situate nell’area dell’euro;
Il più importante – per un paese come l’Italia la cui stabilità è a forte rischio a seguito dell’enorme, ulteriore innalzamento del debito che farà seguito alla pandemia – è proprio quest’ultimo.
Il fatto che la Corte tedesca abbia assunto questa decisione ha molta rilevanza per il futuro (prossimo) della finanza pubblica italiana, quindi sullo spread dei nostri titoli e – conseguentemente – sulla capacità dello Stato italiano di garantire stipendi, pensioni e pagamenti pubblici. Per almeno due motivi:
- La Corte Costituzionale ha concesso alla BCE tre mesi per dimostrare la “proporzionalità” tra obiettivi di politica monetaria perseguiti attraverso gli acquisti di titoli pubblici e gli effetti fiscali che ne derivano (leggi: svantaggi fiscali per i contribuenti tedeschi). E’ evidente come una verifica del genere abbia profonde implicazioni politiche e metta la stabilità della finanza pubblica italiana (a partire da questa stessa estate: termine della “verifica”) interamente nelle mani di una valutazione altamente discrezionale da parte della Corte tedesca. Si tenga conto – in proposito – che nel mese di marzo 2020 la BCE ha acquistato ben 11,855 miliardi di euro di titoli di Stato italiani nell’ambito del PSPP, su un totale di 37,3 miliardi di euro (2 miliardi di titoli tedeschi, 5,4 miliardi di titoli spagnoli e 8,8 miliardi di titoli francesi). Si tratta, quindi, di un quantitativo ben maggiore rispetto a quello che corrisponderebbe alla quota di capitale che l’Italia ha presso la BCE, e quindi di una vistosa “non proporzionalità” che potrà essere consentita dalla Corte federale (appare ben difficile), potrebbe essere ammessa per il passato ma non più per il futuro o – infine – essere addirittura censurata anche per il passato e costringere la Corte a vendere i titoli acquistati “non proporzionalmente” (con effetti devastanti sul nostro spread).
- La decisione della Corte viene premessa – crediamo non a caso – da una precisazione molto significativa: il PSPP non viola – di per sé – i Trattati poiché non rappresenta una monetizzazione del debito di stati membri. In questo obiter dictum sta – in realtà – una pesantissima ipoteca sulla discussione in atto relativa al Recovery Fund, che tante aspettative ha invece suscitato nei più ottimisti fra i nostri concittadini (anche per la demagogica comunicazione istituzionale da parte del duo Conte-Casalino).
Dire brutalmente che gli stipendi e le pensioni degli italiani sono appesi a un filo è forse un po’ in anticipo (di qualche mese) sui tempi, ma non sembra ormai troppo distante da una rappresentazione realistica della realtà.
Enrico Seta