Questo articolo è seguito dal link ad un’intervista di Jean-Pierre Darnis all’Adn Kronos che spiega perché Marine Le Pen “si è sparata da sola sui piedi”.
La condanna di Marine Le Pen a quattro anni di carcere e a cinque anni di ineleggibilità, segna un momento cruciale per la politica francese ed europea. L’accusa di truffa ai danni del Parlamento Europeo per appropriazione indebita di fondi destinati agli assistenti parlamentari, utilizzati invece per pagare portaborse e guardie del corpo al servizio della Le Pen, ha portato a una sentenza severa ma giuridicamente fondata.
La leader del Rassemblement National ha definito la sentenza una “decisione politica” volta a ostacolare le sue aspirazioni presidenziali, annunciando l’intenzione di presentare appello. Jordan Bardella, a sua volta, ha dichiarato che “non è solo Marine Le Pen a essere ingiustamente condannata, ma è la democrazia francese a essere giustiziata”. A livello internazionale, Matteo Salvini ha definito la condanna una “dichiarazione di guerra da parte di Bruxelles” e ha espresso solidarietà a Le Pen, mentre il primo ministro ungherese Viktor Orbán ha manifestato il suo sostegno con un messaggio su X: “Je suis Marine”.
L’estrema destra francese, battuta più volte alle urne, ha reagito con rabbia, denunciando una presunta persecuzione politica. Fanno finta di non sapere questi signori che la democrazia si basa sulla separazione dei poteri e sull’indipendenza della magistratura. Non esiste alcuna forma di giustizialismo, né tanto meno un attacco mirato a una figura politica scomoda: esiste solo l’attuazione dello Stato di diritto, che non risparmia nessuno, indipendentemente dal colore politico.
Un caso emblematico che conferma questa imparzialità è quello dell’ex Presidente francese Nicolas Sarkozy, condannato a dieci anni di carcere per aver ricevuto finanziamenti illeciti dall’allora leader libico Gheddafi . In quel frangente non si parlò affatto di persecuzione politica, ma di giustizia che fa il proprio corso. Le reazioni internazionali alla condanna di Le Pen sono altrettanto rivelatrici. Infatti, il portavoce di Putin, Dmitrij Peskov, ha definito la sentenza una “violazione delle norme democratiche”, un’affermazione paradossale se si considera che proprio la Russia ha instaurato un regime repressivo e autoritario che, negli ultimi anni, ha violato palesemente il diritto internazionale, scatenando una guerra brutale contro l’Ucraina.
Lo Stato di diritto, è bene ricordarlo sia ai populisti che ai giustizialisti, non è un concetto astratto, ma un principio fondante delle democrazie moderne. Garantisce che la legge sia applicata a tutti i cittadini, senza eccezioni per i politici o per i potenti. In un’epoca in cui il populismo cerca di delegittimare le istituzioni e le regole democratiche, la condanna di Marine Le Pen non è un atto di persecuzione, ma la conferma che la giustizia deve prevalere su ogni tentativo di mistificazione politica. Le reazioni scomposte della destra estrema dimostrano quanto sia difficile per alcuni accettare il principio di responsabilità. L’idea che i leader populisti possano essere al di sopra della legge, così come sta succedendo in America con il Presidente Trump, è una narrazione pericolosa, che mina la fiducia nelle istituzioni e nello Stato di diritto. La Francia, con questa sentenza, ha ribadito un concetto essenziale: la giustizia è imparziale e non può essere piegata alle convenienze politiche. In un mondo dove la politica è spesso dominata da propaganda e disinformazione, la difesa dello Stato di diritto rappresenta un baluardo di civiltà. La condanna di Marine Le Pen non è un atto politico, ma la dimostrazione che, nelle democrazie occidentali, la legge è uguale per tutti e che resta, piaccia o meno ai potenti di turno, l’unico vero arbitro della nostra vita pubblica.
Michele Rutigliano
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