Quella che segue è la seconda parte dell’articolo pubblicato ieri (CLICCA QUI)
Le proposte di Legge di regolamentazione in Italia
In questi ultimi anni, sebbene l’apparato repressivo si sia concentrato sulla lotta alla prostituzione coatta ed allo sfruttamento, compreso quello della tratta dei minori e delle malcapitate schiave del sesso, sono mancati interventi efficaci sul piano normativo.
Numerosi Parlamentari hanno, invero, tentato di proporre modifiche alla Legge Merlin per cui risultano presentati ben 25 progetti di legge.
Sebbene sua facile scorrere l’elenco delle proposte di legge avanzate, nessuna di esse è mai arrivata alla discussione in aula (!!).
In realtà non tutti i progetti di legge mirano alla ridefinizione della legge numero 75/1958 (per l’’abolizione delle “case chiuse)sebbene tutti, in vario modo, offrano soluzioni, alternative o misure repressive di fronte ai problemi legati al sesso a pagamento.
In effetti,il criterio ispiratore di quasi tutte le proposte avanzate,è stato quello della completa legalizzazione dell’attività di prostituzione che viene riconosciuta nei vari disegni di legge come un’attività economica gestita direttamente dalla persona (uomo o donna che sia) che offre un servizio definito “ricreazionale”per il quale esistono una domanda ed un mercato.
Gli obiettivi da perseguire sono molteplici: sottrarre allo sfruttamento persone che per ragioni di obiettiva debolezza sono soggette allo sfruttamento; sottrarre, legalizzandolo pienamente, un mercato alle regole dei mercati clandestini e alla contiguità con il mondo criminale; portare ordine nelle nostre Città che, nelle ore notturne, in alcune zone sono autentici “bordelli” a cielo aperto.
Per raggiungere questi risultati, secondo i vari Relatori, occorre superare la attuale tolleranza del fenomeno che, a causa della indeterminatezza della Legislazione, racchiude in sé diversi e distinti fenomeni economici e sociali per pervenire ad una regolamentazione legale dei diversi fatti classificati nell’ambito del fenomeno della prostituzione.
In conseguenza, nelle varie proposte di legge avanzate, trova una connotazione peculiare l’attività del meretricio che, in modo del tutto libero e consapevole, sia stata scelta come una propria attività di sesso a pagamento e dal quale, come per ogni altra attività, il soggetto ne ricavi un reddito percependo denaro in cambio di una prestazione, dopo una libera contrattazione.
Il che spiegherebbe la necessità di dotarle persino di un Codice ATECO ai fini fiscali, come innanzi ricordato.
In base a tale assunto, si sostiene, da parte di alcuni Parlamentari ,che un siffatto tipo di “attività” economicamente rilevante svolta in una Società libera e democratica, debba essere consentita e regolamentata e sottoposta a norme sanitarie e fiscali, così come lo sono molteplici attività imprenditoriali, commerciali e professionali.
Pertanto, la prostituzione deve essere ritenuta solo un “servizio ricreazionale”, alla stregua di molti altri che, come questi, non può essere svolta in strada, come stabilito dalla citata “legge Merlin”(legge 20 febbraio 1958, n.75) che è all’origine di tale impostazione di principio.
- La violenza per le Donne sfruttate
Tuttavia, non si può ignorare che nella categoria della prostituzione sono compresi fenomeni caratterizzati dalla Violenza che devono essere repressi.
Si tratta di tutti quei casi in cui la persona si prostituisce sotto costrizione e in cui parte considerevole dell’utilità viene percepita da un altro soggetto che sfrutta l’attività a cui costringe la persona assoggettata con la forza.
Va pure sottolineato che tale fenomeno risulta essere in crescita sotto la spinta dell’immigrazione e devono essere adeguatamente represso.
Le varie proposta di legge operano, in questa direzione, sui due versanti, civile e penale, per raggiungere gli obiettivi individuati.
In effetti, alcune norme definiscono l’esercizio della prostituzione sia in forma individuale (come tale comprendendola nelle attività di cui al titolo III del libro V del codice civile -lavoro autonomo) che in forma cooperativa (con la previsione di una Delega al Governo per l’emanazione di una normativa speciale)e prevedono l’esercizio in unità immobiliari di cui si abbia legale disponibilità e, nel caso dell’esercizio dell’attività in forma cooperativa, in un numero di persone pari a quelle a cui è consentita la coabitazione in base alle norme di igiene e sanità pubbliche.
Vengono, inoltre, fissati gli obblighi fiscali a cui è soggetta l’attività, stabiliti con l’emanazione di un regolamento in materia sanitaria, come pure la possibilità per le amministrazioni comunali di prevedere con appositi strumenti urbanistici i cd “quartieri a luci rosse” come avvenuto in altri Paesi Europei.
Altre proposte, invece, si occupano degli aspetti penali stabilendo le figure di reato e le pene (sfruttamento della prostituzione, costrizione violenta alla prostituzione e organizzazione del traffico internazionale), nonché prevedendo le circostanze aggravanti e la confisca obbligatoria dei proventi del reato.
Infine, alcuni progetti giungono pesino ad abrogare la “legge Merlin”
A partire dall’inizio degli anni Ottanta si iniziò a discutere su come “eliminare” la prostituzione dalle strade e gli “Eros Center” che oggi compaiono a caratteri cubitali sui titoli dei giornali.
Già nel marzo del 1999,ad esempio, lo stesso Don Andrea Gallo, il Sacerdote di frontiera e fondatore di una comunità di recupero per prostitute, dichiarò che «La prostituzione non piace ai moralisti, fa venire i pruriti a tanti cattolici, ma è antica quanto il Mondo e non si può cancellare: allora per eliminare lo sfrutta mento creiamo un “Eros Center” (sic!) con quella che, in termini tecnici, si chiama zonizza zione».
Al di là delle proposte venute dalla Società civile per una regolamentazione della prostituzione, la lotta alla schiavitù e allo sfruttamento, le maggiori resistenze a non cambiare lo status quo e la Legge Merlin, ancora in vigore, sono venute da parte di molti e parrebbe che nessuno si voglia assumere la responsabilità di regolamentare la prostituzione.
All’interno dello schieramento pro e contro la riapertura delle case chiuse, si snodano tante possibili soluzioni controverse al «come risolvere il problema della prostituzione».
In primis c’è chi lo vede da un punto di vista di dignità della persona e della donna e, subito dopo, chi lo vede come uno degli ambiti di intervento delle organizzazioni malavitose internazionali, ma anche chi, invece, lo legge come pericolo per la propria incolumità fisica, ma anche chi lo interpreta come un totale assoggettamento di donne deboli e indifese e chi vede il «mestiere» come possibile scelta consapevole e quindi alternativa a qualsiasi altra professione
Seguendo tali opinioni,una nuova legge punitrice comporterebbe come conse guenza necessaria un ampliamento delle carceri femminili laddove si sommassero più infrazioni alle norme proposte.
In tale ottica si sostiene che anche lo stesso favoreggiamento non dovrebbe essere punito atteso che già nella legge attuale esso si sarebbe dimostrato un errore che finisce con il favorire l’isolamento e lo sfruttamento della prostituzione. Andrebbero, invece, colpiti, i profitti di chi affitta i locali, che, dovrebbero essere equi come pure occorrerebbe stabilire i luoghi (zonizzazione) nelle città dove ubicare le private abitazioni disponibili ad ospitare il meretricio.
A tal proposito si sostiene, che una delle proposte più rilevanti all’esame del Parlamento, sarebbe quella della Legge Piattelli in base alla quale, ogni prostituta sarebbe tenuta a pagare gli oneri previdenziali e sanitari esattamente come qualsiasi altro lavoratore, sebbene, per poter svolgere il proprio lavoro in modo regolare, dovrebbe prima darne comunicazione alla Questura competente (ed ora alla Camera di Commercio ed emettere fattura per la “prestazione effettuata”).
Nondieno,da parte di alcuni oppositori si sostiene che la Legge Pittelli costituirebbe una legge razzista atteso che non affronterebbe il problema delle prostitute straniere, letteralmente scomparse dalle nuove norme della proposta avanzata posto che tale proposta lascerebbe aperto l’interrogativo su come potrebbe una clandestina andare a registrarsi in Questura come prostituta e su quante straniere potrebbero permettersi una casa per esercitare il proprio lavoro.
Una mancanza di regolamentazione in tale direzione risulterebbe ancora più grave atteso che la prostituzione in strada risulta attualmente esercitata al 90% da immigrate clandestine.
Sarebbe quindi quanto meno necessario sottoporre al Parlamento una proposta alternativa, accompagnata da un’incisiva battaglia ideologica atteso che “solo chi conosce il problema sarebbe in grado di proporre una soluzione adeguata”.
Secondo altre opinioni, la legge Merlin andrebbe, quindi, rivista nel senso che potrebbe “consentire l’esercizio della prostituzione all’interno delle case magari prevedendo anche un esercizio “ cooperativo” delle donne nella gestione”.
In ogni caso, andrebbe comunque evitata la punizione dei clienti poiché le norme penali finirebbero con l’accentuare la clandestinità del fenomeno, che rende le donne ancora più vulnerabili sicché per le donne che al contrario vogliono riscattarsi dalla strada andrebbe istituito un numero verde mentre andrebbe effettuata una grande campagna di spot rivolta ai clienti per ridurre il fenomeno.
Sul punto Don Oreste Benzi, che per anni, con la sua associazione Giovanni XXIII ha condotto una dura e proficua battaglia contro la schiavizzazione di molte donne, specialmente straniere, sosteneva che vanno colpiti gli sfruttatori e sopra- tutto i clienti, non quelle povere donne, diceva il prete coraggioso, che ha tolto dalla strada 3500 prostitute e altre 600 sono ospitate attualmente nei suoi Centri.
- Conclusioni
A circa settanta anni dall’entrata in vigore della Legge Merlin, approvata dal Parla mento il 20 febbraio 1958 e da allora periodicamente messa in discussione, la prostituzione continua ad essere uno dei temi sociali più attuali.
Come sostenuto da più parti, la Legge Merlin ha segnato la fine della prostituzione “regolamentata”, con la chiusura delle cosiddette “case di tolleranza”, espressione eufemistica con la quale venivano indicati i luoghi destinati all’organizzazione e allo sfruttamento della prostituzione su licenza dell’autorità di pubblica sicurezza; case che, pertanto, non erano soltanto tollerate, ma erette a sedi di prostituzione dallo Stato e dalla legge.
La legge Merlin rappresentò quindi, per tale aspetto, un atto di notevole rilievo nella nostra legislazione oltre che nel costume del Paese, ma è ormai tempo di porre rimedio alla confusione e alle gravi contraddizioni che la legge stessa presenta.
Va ricordato, comunque, che, attualmente, un’unica norma prevede e punisce con la stessa pena lo sfruttamento, la costituzione e la partecipazione ad associazioni con finalità di sfruttamento, la tratta internazionale delle prostitute e semplici atti di favoreggiamento e persino di mera tolleranza della prostituzione.
In questi ultimi anni, ad una situazione nella quale donne sospinte da particolari condizioni economiche, culturali, sociali e morali, mercificano il proprio corpo, con una estesa tratta per scopi sessuali di giovani extracomunitarie, si è associata la prostituzione maschile e dei transessuali.
Per chi non ha alternativa se non l’espulsione dal Paese, la disoccupazione, l’emarginazione, lo stato di totale e pericolosa clandestinità, la criminalità organizzata è spesso l’unico strumento di sopravvivenza, nella illusoria attesa di un affrancamento e di una riconquista di libertà.
Sul piano internazionale, partendo dalla Convenzione per la repressione della tratta degli esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione, adottata a New York nel 1950 e resa esecutiva in Italia con legge 23 novembre 1966, n. 1173, è necessario, entro una politica mondiale di tutela dei diritti inviolabili della persona e di sviluppo economico, sociale, produttivo dei Paesi del terzo e quarto Mondo, definire nuovi e più alti livelli di contrasto della criminalità organizzata a fini di sfruttamento sessuale.
Pertanto, una Legislazione sulla prostituzione deve partire dall’art.3 della Costituzione, per rimuovere gli ostacoli economici e sociali, che condizionano, di fatto, la libera e responsabile autodeterminazione della persona anche nella sfera della sua sessualità.
Il fenomeno della prostituzione con il suo frequente intreccio di violenze, abusi, scandali e diffusione di malattie, ha assunto dimensioni molto estese e gravi, risultandovi coinvolto un numero crescente di uomini, donne, minori, persone immigrate e persone appartenenti alla malavita organizzata.
Negli ultimi tempi il fenomeno sembra avere mutato le proprie caratteristiche, tanto da divenire spesso appendice di fenomeni molto più complessi, quali sono quelli legati alle nuove forme della criminalità organizzata, alla tratta delle donne e dei minori, ai flussi migratori dai Paesi con minore grado di sviluppo economico, all’espandersi delle malattie infettive.
Urge pertanto l’approvazione di un provvedimento legislativo che affronti queste problematiche.
La varie proposte di legge avanzate non si pongono soltanto il problema dei divieti e delle pene, ma intendono promuovere, sostenere e favorire ogni iniziativa destinata a prevenire il fenomeno della prostituzione, realizzare iniziative concrete ed efficaci volte ad aiutare e a recuperare le persone che manifestano la volontà di cessare tale esercizio, prevenire i danni sanitari connessi e, infine, porre in atto vigilanze ed interventi tesi a impedire o a punire severamente l’induzione e lo sfruttamento della prostituzione organizzata da parte di soggetti singoli o associati.
Il coinvolgimento diretto degli enti locali appare prioritario per rimuovere le cause, per vigilare e per adottare le iniziative di risanamento sociale, urbano ed ambientale delle aree urbane, spesso periferiche, in degrado e che perciò si prestano di più a tale fenomeno.
In alcuni DDL si prescrive alle Regioni di legiferare per promuovere e favorire programmi ed interventi di integrazione sociale e di lavoro per quelle persone che intendano cessare l’attività.
Sarà utile, tuttavia, che tali programmi siano elaborati ed attuati in convenzione con soggetti del terzo settore e che si propongano un’attività di informazione sui danni umani, sociali e sanitari nonché l’attivazione di corsi di istruzione, di formazione professionale e di sostegno per l’avviamento al lavoro.
Devono essere attivati degli operatori sociali e anche dei mediatori culturali, per la realizzazione dei progetti, considerata la diffusa presenza di persone straniere dedite alla prostituzione.
Su questo argomento le forze politiche possono certo trovare un punto di incontro, magari abbandonando anche una certa cultura che vede ancora nelle prostitute degli strumenti di perdizione e delle Vittime anziché soggetti meritevoli di tutela alla stregua di ogni altro cittadino.
Mario Pavone