La folla richiamata a San Pietro per l’ultimo saluto a Papa Francesco è solo l’espressione più palpabile di quella “vox populi” che in tutto il mondo chiede la continuità del suo ideale di costruire una Chiesa aperta, attenta alle attese non solo del “popolo di Dio”, ma anche di quei non credenti, comunque alla ricerca di un senso da dare alla propria esistenza. E chiede anche una risposta ai mali del mondo animata dal senso della speranza e dell’intelligente impegno del Papa appena scomparso.

Sappiamo come gli uomini e le donne di governo, nelle loro limitate visioni del futuro, ignorino spesso questo tipo di voci. Da noi, ma anche da altre parti, lo fanno nonostante il palese allontanarsi dei più dalla politica. Che non è consenso silenzioso, bensì il contrario del consenso.

Gli uomini di Chiesa, in particolare chi dovrà scegliere il nuovo Vicario di Cristo, dopo il cristianamente sconvolgente pontificato  di Francesco, non possono ignorare la voce che continua a levarsi da Piazza San Pietro, ma anche dal resto della Terra.

Stiamo sentendo in questi giorni tante assurdità sul Papa che ci ha appena lasciati. Molte di queste, oltre all’ignoranza sulle dinamiche della Chiesa Cattolica, dimostrano l’ostilità a mala pena celata nel corso dei 12 anni di pontificato bergogliano in tanti ambienti, da noi anche in larghe parti del Governo, per un Papa che ha indicato sempre un’altra linea, altri modi per affrontare i problemi antropologici, economici, sociali e ambientali che affliggono il mondo contemporaneo.

Queste ostilità vengono allo scoperto in queste ore, con la bara di Francesco ancora aperta. Auspicano lo smantellamento dell’insegnamento di Papa Bergoglio che, poi, è quello di Cristo e del Santo di cui volle audacemente portare il nome pontificio.

La loro speranza è che si torni ad una Chiesa pre – conciliare, tremebonda dinanzi ai poteri politici e finanziari. Che sposi pienamente il peggio dei cosiddetti “valori dell’Occidente”. Dimenticando che, se da questa parte della barricata siamo circa un miliardo a vivere in una certa opulenza – e comunque circondati dai nostri “ultimi” che stanno lambendo sempre più pure il ceto medio- vi sono altri otto miliardi di persone che si abbarbicano a quella speranza di cui parlava solo Francesco.

La Chiesa è inevitabilmente “divisa”. Lo è sempre stata e lo dev’essere per sua natura. Perché diretta emanazione di quel Vangelo che, di per sé, è conflitto e causa di drammatica scelta. E in questo quadro i cardinali anch’essi sono chiamati ad una scelta. Sarebbe compito arduo, ed espressione di un grande coraggio, se trovassero un Francesco II.

Visto, però, come un certo mondo, in gran parte estraneo alla Chiesa, e al cattolicesimo, è sceso decisamente in armi per mettere l’esperienza di Francesco in soffitta, sarebbe bene che almeno si trovasse un Paolo VII come fu nel caso di Papa Montini, dopo l’altrettanto dirompente papato di Giovanni XIII. E, soprattutto, dopo il Concilio Vaticano II, con un Paolo VI che seppe, comunque, tenere la barra ferma nel proseguire l’opera riformatrice, in primo luogo a livello religioso, di quello che era stato da subito definito il “Papa buono”.

Si tratta, insomma, di continuare a scavare il solco aperto da Papa Francesco per proseguire con una Chiesa davvero espressione del Messaggio evangelico e in cui si ampli il ruolo dei laici, in particolare delle donne. Una Chiesa disposta a continuare il dialogo con il mondo contemporaneo, accettandone la complessità. E  quindi, senza abbandonare nessuno al proprio destino e non rinunciando al coraggio di Francesco di ascoltare, senza per questo venere meno a quei principi cui, per quanto ne dicano per tanti motivi i suoi detrattori, egli non è mai venuto meno.

Quella di Francesco è stata l’unica voce di speranza in un mondo di cui sono in corso, come ricorda l’Appian Institute (CLICCA QUI), fenomeni di “disgregazione dell’attuale architettura politica” senza che “alcun nuovo ordine sostituisca quello vecchio” e ciò costituisce una “una sfida enorme per la Santa Sede, e forse dovrebbe essere presa in considerazione al momento dell’elezione del nuovo Papa”.

Cercando, aggiungiamo noi, di riempiere il vuoto che preoccupa la folla che continua a recarsi a San Pietro e nelle chiese di tutto il mondo.

Giancarlo Infante

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