55 giorni che vanno dal 16 marzo al 9 maggio 1978, una quaresima del versamento di sangue di cinque servitori dello Stato e la morte di un uomo “buono, mite ed innocente” che aveva appena 62 anni.
L’immaginario collettivo, in particolare dei più giovani, è rimasto bloccato nel fermo immagine dell’ordinaria follia del terrorismo degli anni ‘70 che si era materializzata nel cuore di Roma, in via Fani e in via Caetani.
Dunque, Aldo Moro vittima semplicemente degli epigoni violenti del ‘68? Proprio lui che era stato l’unico politico a definire gli anni delle rivolte studentesche “tempi nuovi si annunciano”? Nel 1978 era anche uscito l’instant book di Leonardo Sciascia “L’affaire Moro” che aveva ricordato un giudizio di Pasolini sul politico meno implicato nel regime democristiano, ma non meritevole di essere riconosciuto come grande statista. Anzi, definibile soltanto come semplice politicante.
Bisognerà aspettare le parole pronunciate da Tina Anselmi alla conclusione dei lavori della Commissione Parlamentare d’inchiesta sulla Loggia massonica P2 per capire meglio chi era stato Aldo Moro : non si può capire la morte di Moro se non si conoscono le vicende della P2. E poi arrivarono le conclusioni della Commissione d’inchiesta parlamentare del 2017, presieduta dall’on.le Fioroni, e conclusasi con un voto unanime e con un giudizio sorprendente: tutta la verità non è stata detta sulla morte di Aldo Moro.
A conclusione di questa storia politica tutta italiana, che non fa onore alle nostre istituzioni democratiche, è giunta anche una voce sofferente della prima figlia di Moro, Maria Fida, che poco prima di lasciarci ha potuto dire che la morte del padre sta scritta tra le righe degli accordi di Yalta. Dietrologia? Oppure, vale la pena ascoltare l’opinione
dello storico Guido Formigoni che dichiarava: se non si conosce Aldo Moro non si capisce la storia d’Italia (Aldo Moro. Lo statista e il suo dramma).
Dunque, chi era Aldo Moro? Una risposta è arrivata da Papa Francesco che a Trieste, in occasione della Settimana sociale dei cattolici, ha sorpreso tutti con queste parole: Aldo Moro ricordava che “uno Stato non è veramente democratico se non è al servizio dell’uomo, se non ha come fine supremo la dignità, la libertà, l’autonomia della persona umana, se non è rispettoso di quelle formazioni sociali nelle quali la persona umana liberamente si svolge e nelle quali essa integra la propria personalità (A.Moro, Il fine è l’uomo, Edizioni di Comunità, Roma 2018). Questa citazione è tratta dall’intervento di Aldo Moro nella seduta del 13 marzo 1947 dell’Assemblea Costituente, dedicata alla discussione delle disposizioni generali del progetto di Costituzione della Repubblica Italiana.
Agnese Moro, la figlia più piccola dello statista, richiesta da una classe di studenti calabresi di spiegare la personalità del padre rispose: leggete i primi 12 articoli della nostra Costituzione e scoprirete il suo spirito di giurista e di politico profondamente segnato dal personalissimo cristiano. Oggi si potrebbe consigliare ai giovani la lettura del Memoriale scritto da Moro nei 55 giorni della sua prigionia unitamente alle lettere che inviò dal carcere a molti politici e note personalità. Molto significative e commoventi quelle inviate ai più stretti familiari con una conferma granitica : “muoio nel pieno della mia fede cristiana”.
Giuseppe Dossetti parlò di martirio laico, non voluto ma accettato in chiave CRISTO logica. Giudizio forse misteriosamente confermato dal figlio Giovanni che aveva scoperto l’ultima lettura del padre la notte prima del sequestro: si trattava del libro di Jurgen Moltman “Il Dio crocifisso”.
L’eredità di un grande statista è il sottotitolo del libro di Picariello che, a mio parere, fa giustizia della rimozione della memoria di Aldo Moro, manifestamente effettuata dopo la fine degli anni ‘70 dalla cultura e dalla politica italiana e confermata dall’ultimo trentennio che coincide con la così detta “diaspora dei cattolici”, con l’imperversare di populismi e sovranismi di ogni genere, con il ritorno imprevedibile della Destra al governo del Paese.
Costituisce anche un gesto encomiabile di orgoglio e di verità per il mondo cattolico che era rimasto silente per troppo tempo, dimentico della preghiera di Moro : Non dimenticatemi.
Un noto cardinale della Chiesa Cattolica è passato tristemente alla cronaca storica per aver detto che Moro “se l’era
cercata” la sua disgrazia! Nel 2018 , in controcanto, uscì il libro “Spiritualità e politica. Aldo Moro, Giorgio La Pira, Giuseppe Dossetti” del vescovo mons. Francesco Savino della Diocesi di Cassano all’Ionio che di Moro scrive: “Ci ha lasciato un patrimonio spirituale enorme, che bisognava ancora scoprire e che potrebbe riportarci sulla strada della
speranza. Il mondo, oggi, ha bisogno di speranza”.
Il cardinale Matteo Zuppi ha scritto la prefazione al libro di Picariello con espressioni sincere e commoventi: “Guardando a Moro senza fermarsi ai 55 giorni della prigionia, vediamo di cosa è carente oggi la politica: c’è bisogno di una visione e non di un cristianesimo professato solo a parole, ma di cristiani capaci di testimoniarlo nei fatti”. Secondo Zuppi il messaggio di Moro era rivolto in particolare ai giovani spronandoli a una testimonianza cristiana più incisiva contro il veleno della disillusione e del cinismo.
Ecco perché il Presidente della CEI, già autore di Lettera alla Costituzione, sintetizza il percorso virtuoso della vita di Aldo Moro, ricordandolo protagonista nella Fuci negli anni del Fascismo, appassionato docente universitario, perno della nostra Costituzione, Ministro e Presidente del Consiglio, europeista convinto e uomo di pace, firmatario degli Accordi di Helsinki.
Con la liquidazione di Moro cessò di battere il cuore vivo della democrazia italiana, cessò l’ipotesi di una politica capace di grandi disegni e meritevole di grandi dedizioni.
Oggi risuona profetica la frase di Aldo Moro scritta in una lettera dalla prigionia: Io ci sarò ancora.
Antonio Secchi