Il Comitato di coordinamento nazionale di INSIEME ha convocato l’Assemblea unitaria per il 3 e il 4 luglio prossimi. Si tratterà, in effetti, del primo congresso del partito e del definitivo avvio di un’iniziativa politica “nuova”. Andremo oltre la fase iniziale transitoria servita, nel frattempo, a registrare un sempre più diffuso consenso e l’ampliamento della partecipazione grazie ad un più alto numero di adesioni, rispetto a quello dei partecipanti all’Assemblea costituente dello scorso ottobre.

Il Congresso di luglio servirà a ribadire le fondamenta che caratterizzano la novità rappresentata da un consesso di persone libere, intenzionate laicamente a declinare nelle cose il riferimento a quella visione antropologica, culturale e sociale, e al pensare politico che derivano dalla Dottrina sociale della Chiesa, la quale già ha tanto permeato la Costituzione italiana e il concreto dispiegarsi della vita pubblica ed istituzionale nel corso di alcuni fecondi decenni, a partire dal secondo dopoguerra.

Non si tratta di rifare la Democrazia cristiana. Neppure di un avvinghiarsi ad un nostalgico riferimento a vicende  che la Storia ha provveduto ad archiviare. C’è infatti la piena consapevolezza che l’impegno politico richieda il logico e razionale misurarsi con le trasformazioni intervenute nel frattempo. In ogni caso, sappiamo che il richiamarsi a forte radici dà un senso e un’ampiezza di visione che consente di essere riconosciuti per quello che realmente si è  e, al tempo stesso, indica l’intenzione di non partecipare alla dialettica politica solamente sulla base di una visione utilitaristica e strumentale.

INSIEME, grazie agli amici di Politica Insieme, cui si deve la stesura e il lancio del nostro Manifesto ( CLICCA QUI ) fondativo, e a quelli di altri gruppi presenti in tutta l’Italia, tutti appassionati dell’idea di partecipare alla trasformazione del Paese, segna una prima confluenza di pensiero e di metodo tra chi si riferisce al cattolicesimo liberale, all’esperienza popolare, al cristianesimo democratico e sociale, distinguendo bene ciò che afferisce alla sfera religiosa e quanto all’ambito politico. La nostra convergenza non è né nominalistica né da circolo d’intellettuali. Essa sta a rappresentare, invece, il riferimento a principi e valori comuni, a partire da quelli della libertà, della democrazia e della solidarietà, che hanno lasciato una forte impronta nella storia europea e italiana nel corso dell’ultimo secolo.

Dopo il Concilio Vaticano II il pluralismo politico è comunque divenuto una caratteristica dell’intero mondo cattolico italiano. Essa ha avuto ancora maggior corso una volta finita la Democrazia cristiana che fu partito in grado di garantire l’espressione di un’ampia variegata composizione di voci e presenze. Sentita, infatti, fu la constatazione che una comune adesione a principi generali non limita le dinamiche proprie di una dialettica, se necessario di un confronto anche acceso, allorquando si passa al piano degli interessi e alla conseguente scelta tra le diverse opzioni praticabili.

La cosiddetta diaspora, che perdura oramai da 27 anni, ha interrotto però quel processo dinamico ed evolutivo lasciando divenire preminente la esclusiva scelta per gli “interessi” rispetto al più complessivo e generale riferimento ideale. Come ha ricordato recentemente Stefano Zamagni, la diaspora ha significato, in sostanza, un generale smarrimento dell’attuazione dell’idea del Bene comune perché si è preferito inserirsi nella logica del bipolarismo e accettare quella della soggezione “nei confronti di altre matrici culturali in ambito politico” ( CLICCA QUI ).

Dall’altro lato, c’è da considerare ciò che ci ricorda spesso Lorenzo Dellai. Cioè il fatto che sempre più si è andato precisando quanto non esista, e non abbia sostanza reale, la categoria concettuale di un cattolicesimo politico totalmente assorbente tutte le diverse sensibilità presenti nel mondo cattolico, a fronte delle notevoli trasformazioni  intervenute nei passati decenni e destinate a determinare inevitabili conseguenze sul piano dell’impegno pubblico. Tra queste spicca e colpisce la forte tendenza all’astensionismo. Così come lascia riflettere il perdurare della collocazione in altre aree, in particolare quelle della Lega e del Pd, nonostante sia fortemente evidente l’incapacità ad incidere e a lasciare un segno sia per ciò che riguarda gli aspetti sociali, sia per quelli etico – esistenziali.

E’ in virtù della mancanza di questa oggettiva analisi degli scarsi risultati raggiunti da chi si è collocato sia a destra, sia a sinistra se ancora non si è operato il superamento della divisione tra i cosiddetti cattolici della morale e quelli del sociale. Cosa che è nei nostri intendimenti continuare a perseguire. Anche perché siamo consapevoli che le condizioni mondiali, ma anche dell’Italia, tendono sempre più a rendere difficoltosa la distinzione da operare all’interno di una crisi che è assieme antropologica, economica e di relazioni.

La risposta a tutto ciò non viene, perché non ne vediamo alcun fondamento teoricamente razionale, e tanto meno realistico, dall’ipotesi di creare un “partito cattolico” o di quella di puntare ad una indistinta unità politica dei cristiani. Ipotesi illusorie, del resto già scartate ripetutamente nel corso dell’ultimo secolo, da Sturzo a De Gasperi ad Aldo Moro, in una fase storica in cui l’Italia poteva davvero ancora essere considerata, per antonomasia, “paese cattolico”.

Siamo, invece, consapevoli della necessità che, nella situazione politica, istituzionale, culturale, sociale e umana dell’oggi,  il Paese recuperi quello specifico e particolare senso della solidarietà e della comunità espresso, sul piano delle istituzioni, della politica e delle loro capacità programmatiche,  dal popolarismo. Del tutto distinto, alternativo, e persino antagonista se necessario, rispetto a quel ragionare esclusivamente economicista proprio, da un lato, del “conservatorismo compassionevole” d’impronta liberista e, dall’altro, del marxismo, o di altre espressioni del socialismo, le quali non hanno a proprio fondamento, com’è nel caso nostro, la Persona e la Comunità, bensì l’individuo o la classe.

A mio avviso questo giustifica, oggi, all’interno di un contesto che possiamo grosso modo considerare di democrazia compiuta, la necessità di attingere alla tradizione del pensiero popolare e cristiano democratico grazie al quale, tra l’altro, l’Italia e l’Europa debbono il pieno ingresso nel mondo moderno con il superamento di ogni astratto credo ideologic0. Pure per ciò che ha riguardato, ma ancora riguarda, quelli dello statalismo o del credo nel mercato. Stato e mercato sono, o dovrebbero essere considerati e interpretati, come “strumenti” senza prefigurarne certo la funzione di fine ultimo di tutte le cose che riguardano gli esseri umani.

Mi rendo conto che nella fase in cui è giunto il mondo occidentale, soprattutto in virtù del prevalere di una visione utilitaristica e con l’idea che la sostanza umana sia valutata solo in termine di raggiungimento di risultati materiali, e con un marcato sbilanciamento a favore dell’avere piuttosto che dell’essere, non sia un discorso facile da fare e da concretizzare politicamente. Ma si può fare, soprattutto se la presenza pubblica diventa espressione di un radicamento popolare in grado di contribuire all’emersione delle entità vive e vere della società. E’ a quest’ultime che ci si deve preminentemente rivolgere sulla base dell’indicazione di un congiunto riferimento ad un “pensiero forte”, come scrivemmo nel nostro Manifesto, e alla capacità di elaborare proposte progettuali concrete, realistiche e sostenibili. E’ necessario, insomma, assumere la dignità di un impegno non accademico o dichiaratorio, bensì effettuale, così come richiesto dalle condizioni del paese.

La nascita di INSIEME è  stata da noi fortemente sostenuta perché consapevoli della necessità di dare vita ad un partito  autonomo sul piano del contenuto e del metodo, ma non autoreferenziale e, invece, ponendoci nel pieno solco degasperiano e moroteo, capace di esplicitare la cultura della coalizione. Il che significa in primo luogo lo sviluppo di connessioni da concretizzare attraverso il dialogo e l’approfondimento nel pieno dei territori perché una politica senza relazioni non ha un’anima.

Dinanzi abbiamo un quadro politico in trasformazione. Lo schema bipolare creato attorno al centrodestra e al centrosinistra non esiste più, anche se i partiti tradizionali quello schema intendono perpetuare per una mera questione di loro sopravvivenza. Ce lo sta dicendo il posizionamento sulla legge elettorale cui i conservatori dell’attuale sistema guardano, pure smentendo precedenti prese di posizione a favore di un sistema proporzionale

Noi ci poniamo in alternativa a tutto ciò. Siamo al tempo stesso consapevoli, però, che il “nuovo” giungerà anche grazie alla partecipazione ad una nuova stagione di parti del vecchio apparato politico nel quale, già oggi, registriamo divisioni e frammentazioni, in una certa parte provocate dal mutato quadro europeo e internazionale: quello fortemente influenzato dalla pandemia in corso che ha portato ad un cambio di rotta da parte dell’Europa, che sta dando corso a politiche più solidali ed inclusive, e degli Stati Uniti in attivo superamento della fase sovranista, isolazionista e muscolare di Donald Trump.

E’ evidente che la nostra idea della Trasformazione non può rimanere confinata nel recinto dei rapporti verticistici della cui logica vive sostanzialmente il sistema politico italiano. Deve coinvolgere, sempre più ampie fasce della società, del mondo della cultura, delle categorie su cui si fonda il nostro sistema civile ed economico, in particolare quelle entità autonomamente organizzate, liste genuinamente civiche, gruppi e associazioni in grado d’interpretare i tanti sentimenti, i tanti interessi, le articolate visioni collettive presenti nel Paese, senza per questo riuscire ad ottenere un pieno riconoscimento e una rappresentanza definita.

La complessità in cui siamo immersi porta inevitabilmente a ragionare su quale possa essere il metodo per giungere alla creazione di un’ampia area “centrale”, in grado effettivamente di svolgere una funzione di solido baricentro che svincoli dai propri limiti un sistema politico bloccato e tenuto in piedi solo da sistemi elettorali pensati e messi in essere al fine di consentire il perpetuarsi di quanti già hanno un proprio peso e un proprio ruolo, indipendentemente dal fatto che oggi lo svolgano a turno stando in maggioranza o all’opposizione e a dispetto del fatto che una larga fetta dell’elettorato preferisce non esprimersi e di non partecipare pienamente al processo democratico.

Per questo noi crediamo del tutto inutile puntare alla realizzazione di accordi di vertici e che si debba lavorare all’idea della creazione di una rete di connessioni in cui si ritrovano quanti sono convinti della necessità di ricucire le smagliature civiche e sociali, di rivitalizzare il rapporti tra eletti ed elettori, di assicurare le più ampie occasioni di partecipazione alle decisioni sulla cosa pubblica, di ripartire dalla soluzione dei problemi che hanno affossato l’economia reale, impoverito il ceto medio, indebolito la libertà d’impresa, messo in crisi le Pmi e, più, in generale nuociuto al lavoro e ai lavoratori di ogni genere e tipologia.

Tutto questo non si fa inventando alchimie elettorali o con accordi apicali tra quanti già sono abbarbicati alle loro grandi e piccole rendite di posizioni, fuori o dentro il mondo cattolico. Bensì sviluppando un’iniziativa politica più ampia che deve partire dalla centralità della Persona e delle famiglie  cui si deve rispondere a tutti i livelli con soluzioni concrete ed efficaci.

Siamo consapevoli che, senza voler “rottamare” nessuno, dev’esserci un impegno preminente per far emergere una nuova classe dirigente. Il Paese ha bisogno di “facce nuove” che, insieme, portino competenza e generosità. Questo diventa un altro elemento di verifica dell’ampio confronto che siamo disponibile ad avviare con tutti coloro che, pur provenendo da da altre esperienze e culture politiche siano pronte a partecipare a quel processo di mutazione di cui l’Italia ha bisogno per salvarsi.

Giancarlo Infante

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