In Piazza del Popolo ieri c’era molto di non detto tra i tanti “sognatori” dell’Europa. La stessa aria del “Se non ora quando” delle donne ai tempi di Silvio Berlusconi. Anche su quello che poteva apparire come solo un “sentimento” si consumò una svolta politica.
Il sottinteso comune che si respirava in quella piazza ieri, aveva un qualcosa di che, in primo luogo, era diretto agli espliciti nemici dell’Europa, da Trump a Salvini. Ma anche a chi si barcamena perché interessi immediati e vecchi baluardi ideologici frenano la lettura di una realtà che, sotto la forza delle cose, spinge a rianimare l’Europa e, attorno ad essa, pure gli italiani.
Piazza di “sognatori”, ma non di sprovveduti. Che, anzi, capiscono molto bene la portata della posta in gioco, e sanno seguire le mosse dei giocatori seduti al tavolo con attitudini e mire che poco coincidono con quelle degli spontaneamente convenuti nel cuore di Roma, soprattutto, con l’intenzione di ascoltare e di riflettere, in attesa dell’azione. E la loro maturità è stata proprio dimostrata dall’intenzione di lasciare alla Politica il compito di agire, ma informando che c’è un popolo intero determinato a seguire vigile quell’agire.
È forse tutto questo che Giorgia Meloni ha avvertito prima che si riunissero gli oltre 50mila di Roma. E, alla fine, si è decisa a partecipare alla conversazione organizzata dal Primo ministro britannico Starmer con gli altri leader europei dopo una iniziale contrarietà. Ha evitato così di misurarsi con una piazza di “sognatori” che sanno bene come stanno le cose.
Il messaggio, però, è giunto anche ai partiti europeisti, che sono la maggioranza nel Paese, forse anche in Parlamento, così come una maggioranza europeista c’è nella struttura finanziaria e in quella economico – produttiva. Solo Salvini fa finta di non accorgersene e questo spiega perché non ha più dietro, se così si può dire, la “maggioranza morale” delle regioni del Nord.
Nonostante i tentativi di inquinare la discussione sull’Europa collegandola, quasi esclusivamente e solo, alla recente decisione d’investire 800 miliardi in armamenti, la gente di Piazza del Popolo ha evitato questa trappola consapevole di essere in grado di esprimere, per il momento, un “sentimento” prima che un disegno strategico compiuto la cui definizione sta alle forze politiche, al Parlamento e al Governo.
Forse è stato proprio per questo che la gente convenuta a Roma ha incassato con soddisfazione una partecipazione andata ben oltre le attese e felice di essere libera di poter esprime ciò che viene prima di ogni calcolo politico e di ogni analisi geopolitica sofisticata.
Più volte abbiamo preconizzato su queste pagine che si potrebbe verificare la necessità di un referendum sul futuro dell’Europa. Ieri è cominciata la raccolta “virtuale” delle firme con la speranza che non si creino mai le condizioni per andare ad una vera.
Un messaggio forte e chiaro, probabilmente destinato a rafforzarsi nel resto delle piazze italiane ed europee. E di cui cui non potrà non tenere conto Giorgia Meloni, così come quella parte troppo ambigua della sua maggioranza europeista a Bruxelles e convinta alleata di Salvini a Roma.
Dovranno farne tesoro anche i veri europeisti cui è mancato finora un impegno coerente e di grande respiro. Se lo avessero avuto, infatti, non si sarebbero trovati scavalcati ancora una volta dal “popolo” della società civile riunitosi spontaneamente nella Piazza che ne porta il nome.
Giancarlo Infante